Come funziona e cosa comporta l’aumento dello spread

da | Mag 29, 2018 | Attualità

Cos’è lo spread
Il sostantivo “spread” indica il differenziale tra due valori, ovvero l’ampiezza della forbice tra due indici di riferimento. Quando si sente che “si è alzato lo spread”, viene inteso che è aumentato il dislivello tra due valori precisi di riferimento, ovvero i rendimenti dei buoni decennali del tesoro italiano (Btp) e quello garantito dagli omologhi tedeschi (i cosidetti Bund). Si tratta di beni considerati “rifugio”, indici dell’affidabilità di due sistemi-Paese, cioè Italia e Germania. Questo differenziale viene misurato in punti, ogni punto rappresentando un centesimo di punto percentuale (1%). L’innalzamento dell’indice dello spread tra Btp e Bund misura la tenuta del sistema economico italiano. Più il valore dello spread sale e più è predittivo dell’inaffidabilità e del possibile fallimento dello Stato.

Il calcolo dello spread
Definire il valore dello spread tra buoni italiani e obbligazioni tedesche impone di considerare il valore dei rendimenti, che i titoli di Stato garantiscono in base a metriche molteplici, a partire dall’ammontare del debito pubblico. Se si parte da una situazione in cui i Btp, a scadenza decennale, garantiscono un rendimento del 5% e gli omologhi tedeschi rendono il 2%, allora la differenza in termini di valore percentuale è del 3%, il che si traduce in uno spread misurato in 300 punti. Ovviamente i rendimenti fluttuano a seconda delle condizioni di mercato, per cui gli investitori sono portati a rischiare il meno possibile per ottenere rendimenti più alti, preferendo l’acquisizione di obbligazioni tedesche rispetto alle italiane e innalzando dunque lo spread. A spread più alto corrisponde una maggiore possibilità che il sistema italiano giunga al collasso.

La crisi del 2010 e lo spread
Durante la primavera 2010, poco prima che esplodesse la crisi dei debiti sovrani, lo spread tra Btp e Bund incominciò a innalzarsi, superando le soglie di tollerabilità. All’apice della crisi, ovvero nel novembre 2011, lo spread aveva raggiunto il valore di 574 punti, il che costituì un record. Ciò determinò l’intervento del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che nominò premier l’economista Mario Monti, a sostituzione del precedente premier, Silvio Berlusconi, e determinando una svolta nelle politiche sulla riduzione del debito pubblico italiano, che calmarono i mercati e, con l’aiuto della Banca Centrale diretta da Mario Draghi, permise di abbassare l’indice dello spread, fino ai 92.3 punti del marzo 2015.

Lo spread e il debito pubblico
Con uno spread in salita, l’Italia è considerata dunque una nazione sempre meno affidabile, il che provoca una fuga degli investitori e costringe lo Stato a pagare cifre sempre maggiori, per fare fronte all’aumento degli interessi sul debito pubblico. L’incremento di 100 punti dello spread corrisponde attualmente a 15 miliardi di euro di aumento della spesa pubblica. Si stima che un aumento di 100 punti percentuali determini una riduzione dello 0,19% del Prodotto interno lordo.

Lo spread e l’impatto su imprese e privati
Sa va salendo l’indice dello spread, vengono coinvolti i tassi di interesse, garantiti dalle banche in cerca di finanziamento sul mercato. Questo aumento dei tassi d’interesse è pagato dai creditori, ovvero imprese e privati, che subiscono un maggiore esborso per via dell’aumento dei costi dei prodotti di credito bancario. Per esempio, nel 2011, a causa dell’impennata dello spread, le imprese italiane sono state gravate di 15 miliardi di euro di oneri finanziari aggiuntivi, mentre gli istituti bancari chiudevano al contempo l’accesso al credito (dal 2011 al 2017 si è verificata una riduzione del credito alle aziende per una somma pari a 181 miliardi di euro).
Il peso implicato dall’aumento dello spread schiaccia però non soltanto le aziende, ma anche le famiglie e i singoli creditori, che sopportano il coinvolgimento nell’aumento e nelle strette del credito, con un innalzamento in termini percentuali, per esempio, delle rate dei mutui, spesso soffrendo per via della contemporanea stretta creditizia a cui le banche sottopongono i propri clienti.