Già agli inizi dell’ottocento gli studiosi si chiedevano dove si potesse collocare l’organo di senso capace di rispondere agli stimoli del vento, evitandoci una rovinosa caduta (Carles Bell); oggi si sa che l’Uomo non possiede un organo dedicato a questa funzione, bensì un sistema molto elaborato che fa intervenire una serie di sensori e di vie nervose che ci consentono di stare in piedi ed in equilibrio. Questo sistema, prima chiamato Sistema Posturale Fine, oggi Sistema dell’Equilibrio, è composto da vie visive, vestibolari, propriocettive, esterocettive, enterocettive e psicocettive, che trasportano informazioni interne ed esterne al sistema nervoso centrale, in aree dove vengono elaborate per poi essere tradotte in input motori. Due vie, precedentemente considerate separate, oggi vengono studiate come un’unica informazione: la via retino-trigeminale. Questo sistema include le informazioni visive (dove sono, cosa sto guardando e dove è quello che sto guardando), la propriocezione della muscolatura extraoculare e la via trigeminale nel suo complesso, che trasporta la propriocezione dei muscoli extra-oculari. Inoltre, grazie ai lavori di J.P. Roll si è potuto evidenziare che il sistema propriocettivo non funziona in modo locale ma globale; infatti studi iniziati nel 1988 hanno dimostrato che uno stimolo propriocettivo applicato attraverso una vibrazione ai muscoli della caviglia, possa influenzare una risposta percettiva a livello retinico. Anche la lingua è un importante organo sensoriale, non solo come noi abitualmente la consideriamo (organo deputato alla fonazione, masticazione e deglutizione), ma anche come importante via di entrata per una sensorialità globale grazie agli innumerevoli nervi cranici e spinali che sono coinvolti sotto il profilo motorio e sensitivo (V, VII, IX, X, XII e prime 3 radici cervicali). Un importante studio (Danilov YP, Tyler Me et all – Efficacy of electrotactile vestibular substitution in patients with peripheral and central vestibular loss – j Vestib Res 2007;17(2-3):119) ha mostrato come una stimolazione attraverso la lingua potesse recuperare la capacitò vestibolare in persone con labirinto danneggiato; oggi questo sistema di dialogo lingua-sistema nervoso centrale ha consentito di realizzare un occhiale munito di piccolissima telecamera collegata ad un sensore linguale, capace di riportate la visone nei ciechi (www.wicab.com). Anche una cattiva percezione acustica può determinare un cattivo adeguamento posturale e una difficoltà cognitiva, ma troppo spesso si pensa a questo sistema dell’ascolto come qualcosa tradizionalmente legato alla membrana timpanica e al successivo sistema di trasmissione legato agli ossicini più piccoli del corpo (martello, incudine e staffa); il modo semplicistico di porre il problema tralascia il fatto che un disturbo del tono muscolare può colpire ad esempio il muscolo tensore del timpano (innervato dal trigemino) o il muscolo stapedio (il più piccolo muscolo del corpo) innervato dal Facciale.
Questo a dimostrazione che il sistema percettivo non sia rappresentato semplicemente da gruppi più o meno specializzati di sensori e di vie di comunicazione separate tra di loro, bensì un network capace di scambiarsi informazioni e, all’occasione rendersi disponibile quando qualcuno di questi non funzioni in modo appropriato. Allora cosa è una sindrome dispercettiva? Rappresenta un disturbo che tocca la sensibilità propriocettiva corporea globale ed in particolare le informazioni retino-trigeminali.
Esso provoca un quadro clinico soggettivo e oggettivo associato a tre caratteristiche:
- un’alterazione dell’equilibrio tonico oculare, stomatognatico e posturale responsabile di una postura corporea asimmetrica; l’asimmetria tonica è accompagnata da una modificazione della biomeccanica muscolare e dei riflessi posturali;
- uno squilibrio della localizzazione spaziale, cioè delle informazioni sensoriali provenienti dallo spazio circostante unite ad una scorretta percezione delle proprie parti corporee;
- degli squilibri percettivi che disturbano l’integrazione multisensoriale con apparizioni di fenomeni di pseudo-negligenze (pseudo-scotomi direzionali quando lo sguardo è posto lateralmente di 20°/30° rispetto alla posizione della testa) quando più modalità sensoriali sono stimolate nello stesso momento.
Il risultato è un insieme eterogeneo di segni clinici, molto variabili da un soggetto all’altro, ma riconducibili a 3 forme dominanti di SDP: la forma definita “muscolare” che si manifesta soprattutto con tensioni muscolari non equilibrate che, nel tempo portano ad usura e dolore; la forma pseudo-vertiginosa, dove si ha una sensazione di instabilità costante e spesso chi ne è colpito soffre di cinetosi; ed una forma definita “cognitiva”, la quale si evidenzia con più facilità nei bambini in età scolare (molti studi hanno mostrato la presenza di sindrome dispercettiva anche grave nei bambini dislessici, iperattivi e con difficoltà dell’apprendimento).
Il primo a codificare il concetto di dispercezione è stato il Fisiatra Henrique Martins da Cunha, evidenziando un insieme di sintomi clinici comuni che descrisse nel 1979 sotto il nome di Sindrome da Deficienza Posturale (SDP). Secondo Martins da Cunha è una sindrome caratterizzata da sintomi funzionali cardinali associati ad una attitudine corporea stereotipata e scoliotica con una ipertonia muscolare paravertebrale e toracica asimmetrica, un appoggio plantare anch’esso asimmetrico, dominata da una deviazione dello sguardo a destra o sinistra. I soggetti con SDP presentano anche una alterazione dell’equilibrio tonico, oculare e posturale e una parte della loro sintomatologia è legata ad un deficit che sembra colpire allo stesso modo il sistema di informazione propriocettiva e il sistema di informazione esterocettiva (recettori della pelle per cicatrici reattive, recettori di pressione collocati nella pianta del piede, la retina). Oggi la Sindrome da Deficienza Posturale viene definita Sindrome da Deficienza Percettiva (lasciando lo stesso acronimo SDP) e si rifà proprio ad una incompleta capacità di integrazione tra il sistema recettoriale e quello di conduzione/elaborazione. Ad esempio una distorsione della caviglia colpisce molto spesso il sistema propriocettivo ed esterocettivo dell’arto colpito; questa alterazione può “bloccare” le informazioni su quel lato creando un ostacolo al corretto utilizzo dell’appoggio bipodalico alterando tutta la catena fino ai muscoli della cervicale e extraoculari.
Da Cunha, insieme all’Oftalmologo Orlando Alves da Silva, elaborò un sistema di correzione che attraverso dei prismi a bassa gradazione (da 1 a 3 Dp) correggeva il sistema tonico così da apportare un cambiamento su tutto il sistema posturale. Verso la fine degli anni 80, Graciete Serrano, neuropsicologa portoghese recentemente deceduta, che si occupava di dislessia, fu colpita dal miglioramento evidente che si era avuto presso uno dei suoi pazienti che presentava una dislessia severa dopo che fu dotato di prismi posturali per il trattamento della Sindrome da Deficienza Posturale. Da allora, alcuni gruppi di studio, quello di Da Silva in Portogallo e quello di Patrick Quercia all’Università di Dijone, si occupano della problematica della dislessia e dei disturbi dell’apprendimento (DSA), applicando soprattutto una valutazione per la verifica della presenza di dispercezione e della sua correzione, prima di applicare metodi di tipo psico-cognitivo. Ed in tutto questo, cosa c’entrano i Riflessi Arcaici?
I Riflessi Arcaici sono degli automatismi, non volontari, che si attivano come reazione ad uno stimolo. I riflessi e movimenti primordiali sono costituiti da riflessi uterini e reazioni arcaiche di recupero, risposte di equilibrio e gesti e schemi motori innati o acquisiti; essi rappresentano la nostra eredità ancestrale poiché sono con noi fin dalla notte dei tempi e sono alla base del nostro sviluppo motorio, emotivo e cognitivo. In breve, un movimento primordiale è uno schema sensoro-motorio fondamentale nel nostro sviluppo, che se non è installato correttamente, creerà stress nella nostra organizzazione mente-corpo. Sono presenti alla nascita, ma progressivamente si integrano dando vita ai riflessi posturali che ci accompagneranno tutta la vita (alcuni si integrano dopo alcuni mesi ed altri, pochi, restano fino alla fine del terzo anno). Ad esempio il riflesso posturale cervico-oculare, si forma attraverso la corretta integrazione del riflesso tonico asimmetrico che termina il suo iter di integrazione tra il 6° e 7° mese dopo la nascita. Il riflesso cervico-oculare che appare intorno ai 3-4 mesi, consentirà al bambino di controllare la posizione della testa rispetto al tronco, questa stabilizzerà la vista che diventerà visione per poter manipolare gli oggetti. Studi fatti su bambini di 15 giorni, che non sono capaci in questo momento di controllare la testa da soli, hanno dimostrato che gli stessi bambini messi seduti con la testa sostenuta da parte di un terapeuta, sono in grado di manipolare gli oggetti posti di fronte a loro in modo cognitivo.
Per questo una corretta integrazione dei Riflessi Arcaici ricopre un ruolo fondamentale nel corretto sviluppo motorio psico-cognitivo ed affettivo. Ma un intralcio al timing dello sviluppo ed integrazione di questi movimenti primitivi, può ostacolare il corretto sviluppo del sistema recettoriale e di conseguenza posturale e cognitivo. Ma cosa può andare storto nel percorso di sviluppo e successiva integrazione dei Riflessi Arcaici? Ci sono tre fasi cruciali per questo affascinante percorso del bambino che dovrà diventare un adulto:
- la fase di gestazione intra-uterina associata a: le attività della madre, la sua età e la sua salute, la qualità/quantità nutrizionale seguita; l’utilizzo di droghe o di alcool, lo stress come ad esempio la violenza o semplicemente l’allettamento obbligato mettono in pericolo il corretto avvio dei Riflessi Arcaici;
- i processi della nascita, racchiuso in 4 fasi fondamentali (posizionamento coronale del feto, movimento estensorio del suo rachide, integrazione dei primi due momenti e per ultimo la rotazione per la presentazione di testa): cioè la posizione del parto, l’utilizzo della ventosa o del forcipe, il taglio cesareo (che purtroppo esclude tutti i riflessi implicati nell’invito del bambino nel canale del parto), l’epidurale per sentire meno dolore, l’induzione per programmare il parto;
- il primo anno di vita del bambino dopo il parto: l’allattamento al seno, i movimenti liberi che invoglieranno lo struscio e successivamente il gattonamento, l’utilizzo del girello che anticipa il passo alla capacità di tenersi eretti in equilibrio, la limitazione nei box (così non mi occupo del bambino per fare altro), l’utilizzo di scarpe che non consentono la corretta integrazione dei diversi riflessi innescati dai recettori podalici (babinsky, prensorio, estensione crociata, raptazione).
I Riflessi Arcaici possiedono, per una loro corretta integrazione, una struttura definita da 5 fasi:
- emergenza del riflesso: ciascun riflesso emerge in un momento preciso; alcuni durante la vita intra-uterina, altri al momento della nascita;
- prima evoluzione: il riflesso si sviluppa e gradualmente cambia all’interno del suo principale schema;
- crisi: ciascun riflesso, all’interno della sua evoluzione supera una fase di crisi suddivisa in punto di inizio, picco e risoluzione;
- seconda evoluzione: il riflesso, superata una crisi ed evolve nuovamente;
- maturazione: questa fase rappresenta il momento di integrazione della struttura e della dinamica dello sviluppo del riflesso.
Per concludere questa piccola disanima del sistema percettivo e di cosa sottenda, possiamo schematizzare dicendo che gli schemi motori primitivi indotti dai Riflessi Arcaici sono un punto essenziale nella organizzazione delle nostre reazioni, dei nostri comportamenti, delle nostre attitudini, delle nostre capacità di riuscita in campo scolastico, nel campo relazionale, emozionale e cognitivo; durante lo sviluppo i centri superiori andranno ad inibire i Riflessi primitivi per consentire agli schemi motori più avanzati di emergere (periodo di potatura sinaptica) e che questa sequenza di evoluzione ed integrazione condurrà ad una organizzazione neuronale più sofisticata, che a sua volta consentirà al bambino di controllare le reazioni volontarie in modo appropriato per tutto il resto della vita.
Silvia Micheli
Dottoressa e Studentessa eCampus