Ma lo sapete quante volte viene toccato lo schermo di un cellulare ogni giorno?! Duemila e seicento! E sapete quante di queste sono veramente necessarie alla nostra vita? Quattordici!
Con questa citazione finisce “Sconnessi”, il film di Christian Marazziti uscito nelle sale a febbraio 2018. Nel cast troviamo molti dei classici attori della commedia culturale italiana, tra cui Fabrizio Bentivoglio, Ricky Memphis, Carolina Crescentini e Stefano Fresi.
In breve il film racconta, in maniera per niente subliminale, la dipendenza degli italiani da internet e dagli smartphone. Notizia sempre recente tra l’altro, abbiamo parlato del pentimento del Ceo di Apple a riguardo proprio qui.
Una famiglia benestante e non molto unita si ritrova per un weekend tra le montagne del Trentino, dove il capostipite e scrittore Ettore ha una bellissima casa di proprietà. Si evince subito che la famiglia sia molto distaccata durante l’anno e che si viva quel weekend come un obbligo per festeggiare il compleanno del padrone di casa e di suo nipote Claudio.
Internet sparisce dopo poche ore dall’arrivo del gruppo e quasi tutti i componenti entrano in crisi. Chi per una dipendenza, chi per un concorso, chi per una storia d’amore, tutti hanno bisogno di essere connessi per qualche motivo. O, forse, solo per poter evitare di interagire con le altre persone e di vivere quell’esperienza tanto odiata.
Da lì in poi è un susseguirsi di gag intervallate a momenti di riflessione, da come si passava il tempo una volta a come lo si passa oggi, alternando intrecci amorosi e antinomie tra i componenti della famiglia e del loro modo di vivere il quotidiano.
Esattamente quando si inizia a prendere confidenza con i personaggi e la trama sta per diventare prevedibile e banale (cosa che poi, in buona parte, tornerà ad esserlo), entra in scena uno straordinario Stefano Fresi, terzo fratello appena scappato da un centro di sanità mentale e che molti del gruppo non conoscono. Lui, con la sua straordinaria energia e con una presenza scenica strabordante, dà una sferzata al film permettendo allo spettatore di riposizionarsi dal lento scivolare del divano e accendersi di nuovo in un ascolto più attento.
Essendo bloccati da una tempesta di neve (ecco qui la prevedibilità quasi necessaria) l’ambientazione è sempre la casa di montagna, catapultando il film nel filone delle pellicole ad ambientazione unica, sulla recente scia di “Perfetti Sconosciuti” e “The Place” di Genovese o del genio di Polanski con “Carnage”.
Alla fine, forse, il film non riesce nel suo intento (sempre ammesso che fosse questo) di sensibilizzare lo spettatore sulla dipendenza da smartphone, ma ne risalta quasi l’importanza in alcuni frangenti. Quello che viene fuori è sicuramente la tolleranza dei componenti una volta sconnessi dal wi-fi: l’élite accetta la “borgatara”, i mentalmente stabili accolgono i deliri di un bipolare, gli insofferenti sorridono ai lamenti di un dimenticato cronico.
Che sia questo il vero intento del regista?
Non saprei dirlo… ma sicuramente Sconnessi va visto, buttando però un occhio al cellulare solo ogni tanto. Sia mai che una delle 14 notifiche necessarie su 2600 arrivi proprio in quell’ora e mezza.