Anche quest’anno è stato rilasciato dall’Istat il rapporto Bes 2018. Questo analizza il benessere nelle sue diverse dimensioni, dalla salute all’istruzione, dal benessere economico alla politica e istituzioni fino ad arrivare alla qualità dei servizi.
In maniera particolare, gli indicatori Bes sono 130 e sono articolati in 12 ambiti:
- Salute;
- Istruzione e formazione;
- Lavoro e conciliazione dei tempi di vita;
- Benessere economico;
- Relazioni sociali;
- Politica e istituzioni;
- Sicurezza;
- Benessere soggettivo;
- Paesaggio e patrimonio culturale;
- Ambiente;
- Innovazione, ricerca e creatività;
- Qualità dei servizi.
Il 40% degli indicatori mostra variazioni positive rispetto all’anno precedente, mentre i parametri in peggioramento ammontano al 31,8% e quelli stabili al 29,1%.
In cima alla classifica dei miglioramenti si trovano: Innovazione, ricerca e creatività (86% di indicatori con variazione positiva), Benessere economico (80%) e Lavoro e conciliazione dei tempi di vita (67%).
Al contrario, Relazioni sociali, con oltre un terzo degli indicatori in peggioramento, è l’ambito che mostra le maggiori criticità e l’andamento più problematico nel breve periodo.
Quest’anno inoltre l’Istat ha interrogato le famiglie su quali siano gli ambiti più significativi per definire la qualità della vita. E’ emerso che tutti i 12 ambiti sono considerati fondamentali, ma “se c’è la salute c’è tutto!” sembra essere un po’ il motto generale degli italiani. Invece Politica e Istituzioni ottengono il punteggio più basso.
Ovviamente vi è una concezione diversa di benessere, a seconda dell’età e del livello d’istruzione.
I giovani (18-29 anni) attribuiscono maggiore importanza alle relazioni sociali, allo sviluppo tecnologico e al benessere inteso come soddisfazione per la propria vita.
Invece gli Over 60 si dichiarano più sensibili alla sicurezza personale.
L’istruzione continua ad essere il nostro tallone d’Achille, in quanto gli indicatori si mantengono molto inferiori rispetto alla media europea. Ben il 14% di giovani tra i 18 e i 24 anni abbandonano precocemente il sistema scolastico e i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano (i cosiddetti Neet) sono il 24,1%.
Per quanto riguarda il digital divide, sono poi fortemente penalizzati gli anziani, che solo nel 3% dei casi dichiarano di avere competenze tecnologiche avanzate.
Per quanto concerne il tasso di occupazione è aumentato ma ad un ritmo inferiore rispetto alla media europea. Relativamente alla fascia d’età 20-64 la distanza è di circa 10 punti rispetto alla media europea, con un divario sempre più ampio per le donne.
Circa la metà delle persone tra i 20 e i 64 anni con una formazione primaria risulta occupata, mentre la quota tra i laureati raggiunge il 78,2%.
Per quanto riguarda la salute, i dati dimostrano un peggioramento sia nel Nord che nel Sud, mentre al Centro si registra un, seppur minimo, progresso.
Assistiamo ad una maggiore longevità femminile accompagnata però da condizioni di salute più precarie.
Sul piano della sicurezza si registra un calo degli omicidi congiuntamente ad un aumento della percezione della stessa, sono infatti il 60,6% degli italiani a dichiararsi sicuri di camminare al buio da soli nelle zone in cui vivono.
In questo quadro la soddisfazione per la propria vita, espressa dagli italiani, è comunque in calo. Ad essere meno soddisfatti donne (38,6% contro 40,6% degli uomini) e anziani (33,9% delle persone di 75 anni e più, 52,8% tra i 14 e i 19 anni).
In aumento però le aspettative per il futuro, il 27,2% si dichiarano positivi sul miglioramento della propria situazione nei prossimi 5 anni.