Secondo il commissario alla Sanità, Angelo Giustini, l’unica soluzione per fronteggiare la carenza di personale sanitario negli ospedali del Molise sarebbe quella di contattare medici militari specialisti in ausiliaria. In alternativa la chiusura, già dal prossimo mercoledì, dei reparti di ortopedia e traumatologia delle strutture di Isernia e Termoli.
La soluzione d’emergenza dovrebbe durare almeno 5 mesi, un termine che dovrebbe permettere l’approvazione definitiva del “Decreto Calabria” e quindi lo svolgimento di nuovi concorsi per reclutare il personale mancante.
Negli ultimi giorni si è tenuta una riunione di Gabinetto al Ministero della Difesa proprio per discuterne le criticità e fare un elenco di 105 medici, impiegati nel militare, che potrebbero essere selezionati per operare nella sanità civile. «L’evidente contrazione di risorse – spiega in una nota il commissario Giustini – mette sempre più a rischio il mantenimento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), dunque, si profilano per i cittadini molisani ancora viaggi della speranza».
Il paradosso del Molise è quello di avere una delle maggiori disponibilità di posti letto (6,5 ogni mille abitanti a Isernia, il doppio di molte città del Nord) ma anche l’impossibilità di poterli sfruttare. Le cause sono molteplici: la pesante situazione debitoria (22 milioni di euro), l’entrata in vigore del regime pensionistico “quota 100” che ha portato l’uscita anticipata di molti medici e ovviamente, il problema del blocco del turn over, che ha impedito nuove assunzioni di personale sanitario.
Il presidente di centrodestra della Regione, Donato Toma, si dice però contrario. «Si tratta di una iniziativa della gestione commissariale – spiega – avrei preferito una soluzione più strutturata della crisi sanitaria molisana. Il pericolo sta nel compromettere ulteriormente la reputazione della nostra sanità pubblica, senza mettere in dubbio la competenza dei medici militari, ma semplicemente perché ricorrere all’emergenza militare non aiuta la soluzione definitiva del problema. Penso che un cittadino molisano vorrebbe essere curato da un medico inserito nel contesto regionale e non “di passaggio” per un certo periodo di tempo. Non siamo in zona di guerra e ho sempre ritenuto che per fronteggiare la carenza si sarebbe dovuto ricorrere ad altre soluzioni. Spero che questa ipotesi, qualora diventi realtà, non danneggi la reputazione della nostra sanità regionale».
Il Molise non è però l’unica regione in Italia a dover affrontare tale problema. La Toscana, ad esempio, ha deciso di mettere in servizio medici neolaureati privi di specializzazione. In Veneto al contrario è stata individuata la soluzione opposta, trattenendo negli ospedali medici che hanno già maturato l’età della pensione. E proprio in Veneto, poco tempo fa, un concorso per 80 medici di urgenza ha visto presentarsi, e superarlo, solo 3 candidati.
«Un problema che si supera aumentando i posti nelle Scuole di specialità e aprendo un percorso parallelo, cioè permettendo ai neolaureati di essere assunti e di fare la specializzazione direttamente in ospedale. La gavetta si può affrontare anche al fianco dei professionisti» ha detto il presidente del Veneto.
Secondo una stima dell’ordine dei medici di Milano in Italia mancano 16 mila medici ospedalieri e la cifra è destinata a crescere vertiginosamente fino ad arrivare ad 80 mila nei prossimi 10 anni.