È il Sessantotto, hanno appena ammazzato Martin L. King, Bob Kennedy, il massacro di My Lai, il Biafra, i carri armati russi a Praga e la strage di Piazza delle Tre Culture.
Precisamente è 16 ottobre 1968, quindi stiamo parlando esattamente di 51 anni fa e, nello stadio Olimpico di Città del Messico, i velocisti statunitensi Tommie Smith e John Carlos stanno letteralmente facendo la storia.
Smith ha appena battuto il record del mondo con il tempo di 19,83 secondi, nonostante un tendine infortunato. Carlos, con il tempo di 20,10 secondi, si classifica dietro all’australiano Peter Norman.
Ma non per questo verranno ricordati. Dopo essere saliti sul podio per la premiazione Smith e Carlos ricevono le medaglie, si girano verso l’enorme bandiera statunitense appesa sopra gli spalti e aspettano l’inizio dell’inno. Quando le note di The Star-Spangled Banner risuonano nello stadio, Smith e Carlos abbassano la testa e alzano un pugno chiuso, indossando dei guanti neri.
A qualche metro di distanza si trovava il fotografo John Dominis che, subito dopo aver scattato la foto, si rese conto di aver appena immortalato un momento storico.
Ma perché questo gesto?
Dietro al pugno chiuso di Smith e Carlos c’era la battaglia per i diritti civili, e in particolare per quelli degli afroamericani, che nel 1968 aveva raggiunto il suo apice. Nelle successive interviste, Smith spiegò che quello suo e di Carlos non era il saluto del Black Power, lo slogan delle proteste afroamericane, ma più in generale un gesto di protesta a favore dei diritti umani.
Nella foto appare anche Peter Norman, il secondo classificato ma quello che si nota meno, eppure anche la sua storia è interessante. Al momento della premiazione, appena saputo del gesto di protesta, Norman esclama “Datemi uno dei distintivi, sono solidale con voi. Si nasce tutti uguali e con gli stessi diritti”. E venne fotografato con la spilla “Olympic Project for Human Rights”.
Le conseguenze furono disastrose per tutti e tre: Smith e Carlos vengono cacciati dal villaggio olimpico. Uno vivrà lavando auto, l’altro come scaricatore al porto di New York e come buttafuori ad Harlem. A casa di Smith arrivano minacce e pacchi pieni di escrementi, l’esercito lo espelle per indegnità. A casa di Carlos minacce telefoniche a ogni ora del giorno e della notte e, soprattutto, sua moglie non regge la pressione e decide di togliersi la vita.
Norman in Australia viene cancellato. Supera 13 volte il tempo di qualificazione per i 200 e 5 quello per i 100, ma a Monaco ’72 non lo mandano. Nessuna spiegazione. . Insegna educazione fisica e arrotonda in una macelleria. Il più grande sprinter australiano non è coinvolto in Sydney 2000 né tantomeno invitato (col suo 20″06 avrebbe vinto l’ oro). Sofferente di cuore, muore il 3 ottobre 2006. Solo nel 2012 il Parlamento australiano ha approvato una tardiva dichiarazione per scusarsi con Peter Norman, riconoscendo inoltre il suo coraggio nell’indossare il simbolo del Progetto Olimpico per i Diritti umani sul podio, in solidarietà con Tommie Smith e John Carlos.
La foto è forse una delle più famose del 900′, ma è sempre bene ricordare una delle storie sportive più coraggiose di sempre.