Nella vita di ogni impresa è molto probabile che prima o poi si verifichi una situazione di crisi. Ciò che però realmente può far la differenza tra un’organizzazione e un’altra è il modo di affrontarla e comunicarla.
E’ in queste situazioni che entra quindi in gioco il cosiddetto Crisis Management, ovvero il processo con cui un’impresa affronta una situazione che rischia di danneggiare la reputazione e la performance aziendale, mettendo in atto una serie di pratiche che possono (ma non sempre!) prevenire, mitigare e gestire le conseguenze negative di una crisi.
Una crisi reputazionale può essere una delle minacce maggiori per l’immagine dell’organizzazione stessa e la sua intera filiera economica, commerciale e finanziaria, per questo le realtà che svolgono periodicamente una Web Reputation Analysis saranno più pronte ad affrontare la crisi.
E inoltre non dimentichiamo che viviamo in un mondo dominato dai Social Media, che rappresentano lo scenario ideale affinché una crisi reputazionale attecchisca, si sviluppi e contagi ogni settore dell’istituzione coinvolta, perché sono il luogo in cui trionfa la verità percepita, costruita mediante artifizi retorici di parole e immagini (articoli, foto, video).
L’obiettivo del Crisis Management è quello di rispondere a minacce potenziali o effettive e cioè di implementare all’interno dell’azienda non solo una condotta reattiva ma anche proattiva, nell’ottica del monitoraggio e della prevenzione di potenziali problemi che potrebbero danneggiare l’azienda. In caso di bisogno, andranno prese decisioni in maniera tempestiva e per fare ciò è necessario che sia stato stabilito un piano di crisi, con linee guida sulle azioni da intraprendere e sui soggetti da attivare.
Per comodità possiamo articolare il processo di Crisis Management in tre fasi:
Ricerca, monitoraggio e preparazione
La prima fase riguarda l’analisi dell’ambiente interno e esterno all’azienda. Durante questo momento si cerca di individuare eventuali limiti, mancanze, rumori o qualunque tipo di vulnerabilità che possano rappresentare un rischio per l’integrità del business. Sulla base della ricerca e del monitoraggio messi in atto si procede all’elaborazione di un piano di gestione di crisi e alla realizzazione di pratiche di esercitazione e di simulazione di crisi.
Risposta e adattamento
La seconda fase riguarda la reazione dell’azienda a una crisi imminente o in corso, sulla base delle linee guida stabilite in fase di preparazione, e la possibilità di rimedio a incidenti inaspettati e a svariati scenari di crisi che possono presentarsi.
Ripresa
La fase finale riguarda tutte le azioni volte a ripristinare lo status quo, a minimizzare e a riparare eventuali danni provocati all’azienda e a tutti i soggetti coinvolti.
Tra le conseguenze più diffuse delle crisi aziendali secondo Philip Kotler vi sono:
- calo delle vendite;
- poca efficacia delle attività di marketing dell’azienda;
- aumento della sensibilità dei clienti alle attività di marketing dei competitor.
Le crisi che colpiscono le aziende possono avere delle cause di diversa natura e ovviamente, a seconda di queste, si deve intervenire in maniera diversa.
In linea di massima, possono verificarsi situazioni di crisi aziendale associate a eventi come:
disastri naturali, epidemie e attentati: condizioni atmosferiche avverse possono provocare danni fatali alle infrastrutture, interrompendo così le normali attività dell’azienda.
attacchi criminali, sabotaggio o estorsione: possono mettere in cattiva luce la reputazione aziendale se l’organizzazione non è preparata a rispondere e a difendersi da eventuali accuse false da parte di soggetti terzi che cercano intenzionalmente di danneggiare il brand. Oltre a difendere la propria posizione, però, l’azienda deve essere preparata a mettere in atto in tempi brevi delle misure atte a riparare eventuali danni causati e a tutelarsi legalmente;
errore umano: le aziende sono fatte da uomini, e si sa, spesso le crisi sono dovute a errori commessi da dipendenti o dal top management. Specialmente nei casi in cui l’errore può mettere a rischio la sicurezza di dipendenti e non, se non gestita adeguatamente può assumere dimensioni catastrofiche;
guasti tecnici: si tratta di guasti di varia natura che possono portare a severe implicazioni per la produzione;
pratiche di business non sostenibili e corruzione: la crisi può amplificarsi maggiormente nel caso in cui in gioco ci siano pratiche di business intenzionali e dannose per gli stakeholder o per l’ambiente, così come nel caso di corruzione e pratiche finanziarie illecite.
carenza di innovazione e aggiornamento: specialmente in riferimento a settori tecnologici e digitali, infatti, la continua ricerca di nuove idee, prodotti e aggiornamenti risulta fondamentale;
crisi di comunicazione: si tratta, nello specifico, di crisi dettate da strategie di comunicazione poco coerenti con i valori del marchio o comunque non in linea con le aspettative dei consumatori. Si pensi a campagne pubblicitarie che per qualche ragione non vengono apprezzate o che sono addirittura oggetto di critiche perché prendono posizione nei confronti di temi sensibili o controversi. Queste possono generare rumore sui social network e portare a polemiche difficili da gestire (uno degli esempi più recenti e famosi è quello dello spot di Dolce e Gabbana accusato di razzismo contro il popolo cinese);
conflitti con i dipendenti e sindacati: riguardano crisi che dipendono da incidenti lavorativi o da condizioni di lavoro precarie che possono diventare immediatamente virali e causare problemi fatali alle aziende.