Se fino a qualche mese fa il termine smart working era sconosciuto ai più, ad oggi è entrato di tutto rispetto nella nostra quotidianità e con tutta probabilità non ne faremo più a meno nemmeno per il prossimo futuro.
Lo smart working è stato una scelta dovuta e forzata dalla pandemia ma che da subito si è dimostrata l’opzione più efficiente che ha permesso a molti di lavorare da casa in tutta sicurezza e riuscendo a conciliare i tempi di vita e lavoro. Infatti, la definizione di smart working fornita dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali pone l’accento sulla flessibilità organizzativa, caratterizzata dall’assenza di vincoli orari o spaziali e da un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro.
Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento economico e normativo al pari delle modalità lavorative tradizionali, tutelati dalla Legge n.81/2017.
Durante il primo lockdown di marzo, lo smartworking ha impegnato solo in Italia oltre 6 milioni e mezzo di lavoratori: 2,11 milioni nelle grandi imprese, 1,85 milioni nella Pubblica Amministrazione, 1,13 milioni nelle Piccole e medie imprese, 1,5 milioni nelle microimprese), circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani, oltre dieci volte più dei 570mila censiti nel 2019.
Ciò che ne viene dedotto da uno studio dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano – nel convegno online “Smart Working il futuro del lavoro oltre l’emergenza” – è che la maggior parte di questi, più di 5 milioni, in futuro continuerà a lavorare agilmente da casa.
“Sarà una grande rivoluzione che andrà guidata, ma non deve spaventare perché ha degli effetti negativi. Non sarà drastica come durante il lockdown, sarà lo smart working come si conosce e si studia da anni”, ha più volte ribadito Fabiana Dadone, ministro per la Pubblica amministrazione.
Questa idea viene appoggiata anche da Laura Di Raimondo, direttore Asstel – l’associazione che dentro Confindustria raccoglie le aziende della filiera delle telecomunicazioni – la quale nel corso del webinar ‘Leadership e gestione remota nella nuova impresa digitale’, organizzato da Confindustria Digitale e Luiss Business School, spiega che “una volta superato il momento dell’emergenza si dovrà investire sempre di più sulle persone, sui nuovi modelli organizzativi, di leadership e soprattutto sullo sviluppo delle competenze a partire dalle soft skills, come la capacità di lavorare in squadra e di comunicare, che in questa fase sono state essenziali”. Inoltre secondo la Direttrice Asstel ora è il momento giusto per progettare una normalità ‘ibrida’, con un mix tra virtuale e in presenza: “Dovremo normalizzare ciò che in questa fase abbiamo gestito in fase emergenziale, ad esempio gestendo meglio i tempi di vita lavorativa e familiare. Gli strumenti per farlo sono una legislazione leggera (ma certa) e dare spazio alla contrattazione collettiva di anticipo”. Ciò che milioni di italiani si augurano quindi, è che lo smart working venga mantenuto ed incoraggiato con entusiasmo anche nel futuro quando l’emergenza Covid sarà terminata.