Quando vincere è tutto, cosa rimane?
Distrarci da tutto ciò che sta succedendo nel mondo al giorno d’oggi è possibile? Immergerci nella vita di qualcun altro, esplorare il suo mondo può farci dimenticare la realtà in torno a noi?
Forse non del tutto, ma sicuramente vale la pena provarci guardando “La regina degli scacchi”, titolo originale “The Queen’s Gambit”, disponibile dal 23 ottobre su Netflix, è una nuova miniserie che sta riscuotendo molto successo tra il pubblico.
Scritta da Allan Scott e da Scott Frank, sceneggiatore che ha ricevuto due nomination all’Oscar per i film Out of Sight e Logan. Scott è anche il regista. Fra i consulenti della serie ci sono l’ex campione Garry Kasparov e il famoso coach Bruce Pandolfini.
Tratto dall’omonimo romanzo di Walter Trevis dell’83, racconta la storia di Elisabeth Harmon (interpretata da una strepitosa Anya Taylor-Joy), una geniale ragazzina, rimasta orfana all’età di otto anni, che fa della sua sua passione, gli scacchi, la forza per riscattarsi, sia a livello economico che sociale, nella società dell’America degli anni ’60. Sebbene non si tratti di una storia vera, possiede molti punti in comune con la vita del suo autore, Walter Travis, che rendono la trama molto accattivante e soprattutto magnetica.
La critica Usa, “Time” in primis, osanna unanime questo ‘prestige drama’ che resuscita la good tv, ossia la tv di qualità. E che ci consegna una Wonder Woman a misura di un’era di segregazione virale come la nostra: né prodezze acrobatiche né effetti speciali, solo un prodigioso talento per un gioco tradizionalmente dominato dai maschi.
Ma la miniserie non parla solo del gioco degli scacchi, come ha spiegato il regista e co-creatore, Scott Frank, ma “parla del dolore e della fatica di chi è molto dotato”. L’altro argomento cardine è quello della dipendenza, dai tranquillanti prima (iniziata precocemente in orfanotrofio, dove viene mandata dopo la morte della madre) e dall’alcol poi.
Non si tratta quindi solo della parabola femminista di una ragazzina che emerge in un mondo di maschi, ne del solo gioco degli scacchi, ma è la storia di genio e sregolatezza, determinazione e fantasmi interiori. Portata avanti da una prova d’attrice a dir poco strepitosa, ci regala infatti un personaggio fresco, completo e autentico. Si può dire anche che si tratta di una grande metafora sulla difficoltà di crescere e diventare adulti, neanche una persona geniale come Elisabeth Harmon può salvarsi da sola!