Per molti siciliani e calabresi, il solo parlare del Ponte sullo Stretto di Messina è un tabù. E invece, questa volta, sono proprio i presidenti delle due regioni Musumeci e Spirlì a dare l’ultimatum: «Basta perdere tempo!»
Regione Siciliana e Regione Calabria hanno scritto un documento, realizzato assieme al supporto scientifico e tecnico degli esperti di Lettera 150, per chiedere al premier Mario Draghi l’utilizzo del progetto definitivo oggi nella disponibilità dell’ANAS, a seguito della messa in liquidazione della società Stretto di Messina da parte di Mario Draghi nel 2012.
Una scelta poco felice dal punto di vista economico in termini nazionali e per tutto il Meridione. Come affermato dal prof. Enzo Siviero, Rettore dell’Università eCampus nonché uno degli Opinion Leader del gruppo di esperti Lettera 150, in un’intervista rilasciata qualche tempo fa ai microfoni di StrettoWeb: «Se non ci fosse stata questa decisione, quanto meno improvvida, il Ponte sarebbe oggi transitabile e l’economia del Sud e del Paese intero ne avrebbe tratto enormi benefici».
L’ing. Siviero ha tra l’altro realizzato un lavoro chiamato “Abitare il ponte”: «L’idea nasce dall’esigenza, tipicamente contemporanea, di integrare le infrastrutture per la mobilità, elementi determinanti del paesaggio in cui viviamo, con gli altri spazi abitati. Nel Ponte sullo Stretto di Messina si intravede una straordinaria occasione per costruire un nuovo paesaggio attraverso l’abitare nell’accezione più estensiva del termine: prender dimora, lavorare, soggiornare, transitare ed incontrarsi in occasioni sociali. La posizione strategica di enorme suggestione del ponte, amplificata dall’altezza di circa 400 m delle pile che forniscono il vantaggio di un punto privilegiato di osservazione dello Stretto, sono i due elementi chiave che inducono a credere fortemente ad uno studio sulla fattibilità del progetto».
Il professore poi spiega: «L’ipotesi valutata prevede la realizzazione di quatto torri, accoppiate a due a due, in adiacenza alle pile del ponte, sul fianco esterno. […] È stato ipotizzato che le torri possano accogliere diverse funzioni (sale conferenze, centri commerciali, uffici, abitazioni e alberghi) per le quali sono stati fatti dei computi di superficie di massima finalizzati a determinare le considerevoli quantità in gioco».
Di seguito, si riporta la lettera inviata all’Eco del Sud dal prof. Siviero, pubblicata oggi dalla testata sul proprio sito:
Già all’inizio della progettazione da parte di Società Stretto di Messina (con soci Anas, FS, Regione siciliana e Regione Calabria) in liquidazione dal 2012 ma non ancora liquidata, la prima ipotesi era proprio una propensione per un’unica pila in mezzo allo Stretto. Ciò per canalizzare meglio la navigazione e approfittare di una “cresta” intermedia nel fondale.
Uno studio approfondito della componente geotecnica aveva tuttavia concluso per l’infattibililtà costruttiva nell’area dello Stretto a causa delle forti correnti (4 nodi) che difficilmente avrebbero consentito il posizionamento della pila a cassone autoaffondante (inimmaginabile realizzare pali) Inoltre erano necessarie tecnologie sperimentali per consolidare il terreno di fondazione (presumibilmente una particolare forma di jet grouting). E qualora fosse stato possibile, i relativi costi erano enormi e comunque tali da rendere non competitiva la soluzione rispetto alla campata unica. Per di più vi era una manifesta controindicazione ad una o più pile lungo un percorso di navi verso il Porto di Gioia Tauro, per il rischio di “ship collision”. Altro elemento di incertezza veniva individuato nel dovere modificare la direzione del ponte che, oltre ad incidere sulla lunghezza, aumentava la componente di qualche frazione di millimetro dovuta all’allontanamento con spostamento antiorario della Calabria rispetto alla Sicilia.
Ciò ha indotto la SDM ad optare per l’attuale progetto a campata unica, via via affinato in ulteriori vent’anni di studi e ricerche. Da notare che nel 1992 i consulenti geotecnici, espressero “nero su bianco” un esplicito parere di infattibilità. Questo all’epoca!
Tutti gli studi preliminari sono documentati in un apposito volume di SDM anche in inglese con ampia diffusione internazionale, facilmente reperibile.
Certo è possibile che oggi vi siano tecnologie innovative che possono essere “sperimentate” ma si dovrebbe disporre di studi assai approfonditi corredati da adeguate ed estese indagini in situ. Ciò che comporta realisticamente un allungamento dei tempi e con una fortissima incertezza sugli esiti esecutivi e dei relativi costi effettivi, anche come detto, vista l’incognita delle fondazioni in mare a tali profondità e con quelle correnti.
Resta poi il fatto che si dovrebbe ripartire da capo anche per gli attacchi a terra, le sistemazioni urbanistiche, gli espropri ecc.
In definitiva da un lato c’è un progetto definitivo di SDM pronto e corredato di tutti i pareri tecnici, dall’altro c’è una “idea progettuale” ancora da sperimentare che rimette in discussione tutto l’iter approvativo misurabile in molti anni.
Enzo Siviero