Il caso di Yara Gambirasio diventa un film Netflix che in questo momento è al primo posto nella sezione i più visti della piattaforma.
Diretto dal regista Marco Tullio Giordana, il film ripercorre la storia di Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa il 26 novembre 2010 a Brembate di Sopra in una zona residenziale della provincia di Bergamo. La vicenda è purtroppo tristemente nota e ancora vivida nelle nostri menti pur essendo trascorsi dieci anni dal giorno della sparizione dell’adolescente bergamasca.
Yara era una ragazzina come tante che divideva il suo tempo tra casa, scuola e allenamenti di ginnastica ritmica; ma un giorno sparì letteralmente nel nulla. Iniziarono così le indagini e venne aperto un fascicolo per sequestro di persona e si intensificarono le ricerche fino al 26 febbraio 2011. Esattamente tre mesi dopo la sua scomparsa fu ritrovato il corpo senza vita di Yara, in un campo a Chignolo d’Isola a qualche chilometro dal luogo della scomparsa. Le indagini coordinate dalla pm Letizia Ruggeri sono lunghe, estenuanti e con troppi punti morti e false piste.
Per avere una svolta ci vorranno altri cinque anni, quando l’indagine di screening troverà una corrispondenza di DNA nucleare sovrapponibile con quello definito “ignoto 1” ritrovato sul cadavere della piccola. Venne così fermato e arrestato Massimo Giuseppe Bossetti un muratore di 44 anni residente in un paese vicino a quello della piccola Yara. Il caso si risolve dunque con la condanna all’ergastolo nel luglio del 2016 dopo un processo durato un anno con tre gradi di giudizio ma sono tanti ancora i lati oscuri sulla vicenda.
Ma ritorniamo al film su Yara
La pellicola con protagonista l’attrice Isabella Ragonesi nelle vesti della pm Ruggeri gira intorno ad alcune domande. Quella più immediata è la seguente: come ha fatto una ragazzina di tredici anni che godeva di ottima salute a sparire nel nulla un venerdì pomeriggio in una zona trafficata, senza che nessuno si accorgesse di nulla?
Domande senza risposta, nulla di nuovo rispetto a ciò che è già notoriamente noto: nessuna ipotesi da aggiungere, nessun nuovo spunto e restano molti dubbi non solo sul mero caso di cronaca nera ma anche sulla costruzione del film stesso. Lo sottolinea molto bene il Rolling Stone delineando tutto quello che non funziona in ‘Yara’.
Il film non ha troppe pretese cinematografiche e intende dare una visione imparziale dei fatti, un racconto temporale dei fatti freddo e distaccato. Anche fin troppo freddo e distaccato se paragonato ad esempio a Sulla mia pelle, il film di Cremonini che racconta l’ultima settima di vita di Stefano Cucchi. Ciò nonostante, resta sicuramente un film che merita di essere visto, per non dimenticare la piccola Yara.