Da domani 21 aprile esce nelle sale e in streaming Navalny, il documentario che indaga l’avvelenamento di Alexei Navalny, attivista, blogger e politico russo di origini ucraine, feroce oppositore di Putin.
Chi ha avvelenato Navalny?
Nell’agosto 2020 Alexei Navalny si trovava in viaggio da Tomsk, una delle principali città siberiane, in direzione di Mosca quando improvvisamente iniziò ad accusare dolori fortissimi. Il volo atterrò di emergenza a Omsk, dove cadde in coma. Trasportato d’urgenza a Berlino, in seguito a diversi accertamenti furono scoperte tracce di Novichok, un agente nervino potentissimo sviluppato dall’Unione Sovietica e già utilizzato per avvelenare l’ex spia Sergej Skripal e sua figlia Yulia a Salisbury (Regno Unito) nel 2018.
Il film, diretto dal canadese Daniel Roher, ricostruisce gli avvenimenti di quei giorni intervistando Navalny stesso e le persone a lui più vicine. La sua assistente Maryia Pevchick, sua moglie Yulia. Compaiono anche i suoi figli Daria e Zahar.
A spiegare la dinamica dell’incidente e a dimostrare il coinvolgimento del Cremlino nella vicenda ci pensa anche Christo Grozev, giornalista di Bellingat, giornale investigativo specializzato nel fact-checking e Open Source INTelligence (OSINT).
Nel documentario viene mostrato l’incredibile telefonata in cui Navalny, fingendosi assistente di un capo del Servizio Federale per la sicurezza della Federazione Russa (SFB), riesce a far confessare a Konstantin Kudryavtsev, chimico del SFB, che l’avvelenamento è stato organizzato proprio dall’SFB. In seguito Navalny diffuse la registrazione della telefonata online. Kudryavtsev da quel giorno è scomparso e non è più stato ritrovato.
In prigione
Dopo cinque mesi di cure intense, Navalny decise di lasciare la Germania per tornare a casa in Russia, sapendo benissimo che appena avrebbe toccato il suolo russo sarebbe stato arrestato. E infatti fu così: il 17 gennaio fu arrestato e portato in carcere, dove tuttora rimane, per appropriazione indebita. Dovrà scontare una pena di nove anni.
“Non ho mai avuto dubbi, non gli ho mai chiesto di smettere, anche se ero addoloratissima, perché lui è dalla parte della ragione. E vincerà contro la barriera delle menzogne”, ha commentato la figlia di Navalny Daria.