Montagne di carta che col passare del tempo si disintegrano: un problema non da poco per ricercatori ed archivisti. Una ricerca del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) potrebbe indicare il modo per salvare i libri antichi.
Un aiuto dagli oli essenziali
I biodeteriogeni sono tutti quegli organismi che possono danneggiare i materiali, come ad esempio funghi, muffe ed insetti. Per anni sono stati sperimentati diversi metodi per cercare di arrestare questo deterioramento ottenendo però risultati scarsi. Alcune metodologie si sono rilevate troppo invasive o addirittura non sicure per i ricercatori.
La risposta arriva da una ricerca coordinata da ricercatori dell’Istituto di chimica dei composti organometallici del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iccom), insieme a ricercatori dell’Istituto di bioscienze e biorisorse (Cnr-Ibb), dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante (Cnr-Ipsp), dell’Istituto di scienze del patrimonio culturale (Cnr-Ispc), in collaborazione con la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, dell’Università di Parma e dell’Università di Palermo.
I ricercatori hanno dimostrato come alcuni composti organici volatili degli oli essenziali quali timolo (presente nella pianta del timo), carvacrolo (presente nelle piante di timo e dell’origano) ed eugenolo (estratto dai chiodi di garofano e cannella), con elevati livelli di attività antimicrobica e repellente per gli insetti, sono efficaci nel controllare il biodeterioramento subìto dalla carta.
Metodo sicuro per la conservazione
“Per molto tempo si è usato il gas ossido di etilene, che però si è rivelato estremamente tossico e cancerogeno per l’uomo. Tra i metodi fisici impiegati, l’irradiazione gamma è il più riuscito ma può compromettere la struttura della carta”, ha spiegato Andrea Ienco del Cnr-Iccom, co-direttore dello studio.
Gli oli essenziali estratti da queste piante sono fatti da composti organici volatili che, per loro natura, non hanno un’efficacia a lungo termine. Per questo hanno bisogno di essere stabilizzati all’interno di reti cristalline di ciclodestrine e cocristalli a base di fenazina, formando un solido cristallino.
“Il rilascio del principio attivo è favorito dall’aumento della temperatura e dell’umidità, permettendo quindi un aumento della concentrazione del principio attivo nelle stesse condizioni che favoriscono anche la crescita dei funghi”, conclude Ienco.
“I composti da noi studiati possono aprire la strada ad un loro utilizzo come antimicrobici da impiegare in archivi e musei, spesso luoghi di un’intensa attività biodeteriogena”.