Capitol Project, il progetto d’eccellenza universitaria italiana della Prof.ssa Marchetti dell’Università eCampus

da | Ago 3, 2023 | Mondo eCampus

L’Università eCampus rappresenta un’eccellenza universitaria in diversi campi grazie ai suoi progetti innovativi e all’avanguardia a livello mondiale. Una di queste eccellenze è il Capitol Project diretto dalla Prof.ssa Barbara Marchetti, Associate Professor e coordinatrice dei corsi di Laurea in Ingegneria Industriale e Automazione dell’Università eCampus, Permanent Adjunct Professor presso la Catholic University of America e responsabile del Capitol Project.

Il Capitol Project è un progetto di diagnostica di opere d’arte degli affreschi presenti nel Campidoglio a Washington D.C. che sfrutta la tecnica non invasiva della vibrometria laser Doppler. La prof.ssa Marchetti e il suo team sono gli unici al mondo ad aver avuto accesso al Campidoglio per fare questo tipo di rilevazioni, rappresentando una vera e propria eccellenza di ricerca accademica italiana.

Professoressa, ci racconta com’è nato questo progetto?

Il progetto è iniziato nel 2003 durante il periodo in cui facevo il dottorato di ricerca presso il Naval Research Laboratory di Washington D.C. Avevo fatto la mia tesi di laurea sulla diagnostica di opere d’arte utilizzando una tecnologia non invasiva che non comportasse l’interazione fisica con l’opera d’arte. Da questa mia tesi era venuto fuori un articolo scientifico che ero andata a presentare ad una conferenza di settore a Parigi in cui erano presenti i due responsabili per il restauro degli affreschi all’interno del Campidoglio degli Stati Uniti. Dopo la presentazione questi due responsabili mi hanno contattata per vedere se questa tecnica potesse essere applicata anche sugli affreschi del Campidoglio.

Il progetto è stato approvato e finanziato dall’associazione Architect of the Capitol che gestisce tutti i beni artistici e architettonici che fanno capo al Campidoglio degli Stati Uniti, compresa questa enorme quantità di affreschi al suo interno. La maggior parte di questi affreschi è stata realizzata da un pittore di origini italiane, Costantino Brumidi, che attorno alla metà dell’Ottocento fu costretto a fuggire dall’Italia per non finire nelle prigioni papali. Brumidi andò in America, dove costruì la sua fortuna, diventando uno degli artisti più noti dell’epoca e guadagnandosi il soprannome di “Michelangelo d’America”.

Come funziona la tecnica di vibrometria laser Doppler?

Quello che vediamo più spesso sono delle delaminazioni, cioè il distacco della parte di affresco dal substrato che così perde l’integrità strutturale.

Esistono molte metodologie e tecniche analitiche per individuare le caratteristiche fisiche e chimiche delle opere d’arte, ma attualmente la loro diagnostica strutturale si affida principalmente all’esperienza del restauratore e il tipico processo diagnostico è realizzato principalmente attraverso l’ispezione manuale e visiva della superficie dell’oggetto. L’idea alla base della tecnica proposta è quella di sostituire i sensi umani con strumenti di misura: le superfici vengono fatte vibrare tramite delle onde acustiche, mentre un vibrometro laser Doppler scansiona l’opera in questione misurando la velocità della superficie e producendo mappe bidimensionali o tridimensionali di ampiezza e fase della velocità. In presenza di un difetto, la velocità è più elevata rispetto alle aree vicine, quindi i difetti possono essere facilmente individuati e ne può essere definita la forma e l’estensione. I vibrometri laser identificano anche le frequenze di risonanza strutturale, consentendo una caratterizzazione completa dei difetti.

Quali sono i vantaggi di questa tecnica?

Normalmente gli affreschi non sono tutti a portata di occhio o di mano. Di solito vanno messe delle scaffalature su cui il restauratore sale e poi con le nocche delle dita batte sulla struttura e ascolta il suono. Questo suono diverso che percepisce è relativo proprio al fatto che dietro c’è una discontinuità strutturale.

Immagini quanto tempo ci può volere ad una persona a fare questo lavoro: deve avere una fotografia o un disegno dell’affresco, deve segnare il punto in cui suona vuoto che però non è preciso perché dipende dalla soggettività e dall’esperienza del restauratore. Due restauratori possono avere due risultati diversi, e soprattutto è difficile da monitorare nel tempo, oltre che più dispendioso. Per esempio quando si devono montare le scaffalature, la stanza non è utilizzabile perché non si possono toglierle e metterle.

Noi invece entriamo con il nostro strumento, con un altoparlante mettiamo in vibrazione la struttura, facciamo le nostre scansioni, che sono sì lunghe perché ci vogliono ore, ma quando abbiamo finito di farle richiudiamo lo strumento e mettiamo il materiale da una parte. Le stanze così sono sempre fruibili.

La pressione che esercitiamo non è dannosa per le opere d’arte, l’ordine di grandezza infatti è molto inferiore rispetto alla pressione delle nocche delle dita. È successo in alcuni casi che il restauratore durante il processo di diagnostica determinasse la caduta di porzioni dell’affresco stesso. Con il nostro sistema siamo assolutamente sicuri che non danneggiamo l’opera d’arte e a distanza di anni possiamo rifare esattamente le stesse misure con la stessa risoluzione negli stessi punti, quindi sappiamo esattamente cosa succede a livello puntuale. E poi possiamo costruire un database dell’evoluzione dell’integrità strutturale e della conservazione degli affreschi e delle opere che stiamo analizzando, dando una risposta oggettiva.

Ma comunque ci tengo molto a sottolineare che noi negli anni abbiamo sempre collaborato con i restauratori perché sono fondamentali, soprattutto nella fase iniziale per interpretare le mappe ottenute.

In quali aree del Campidoglio avete usato la tecnica di diagnostica a laser?

Il primo set di misura ha riguardato i Brumidi’s Corridor, un complesso di corridoi affrescati, poi la Senate Reception Room, che attualmente accoglie la sala stampa del senato e in cui in passato i senatori ricevevano i cittadini, e la President’s Room usata nel corso degli anni dai Presidente degli Stati Uniti per diverse funzioni legate alla firma di importanti documenti. Nel 2018 abbiamo ripetuto le misure nella Senate’s Reception Room e adesso li ripeteremo nella President’s Room.

Le misure vengono ripetute perché questa tecnica, a differenza di quella usata normalmente dai restauratori che fanno delle mappe “manuali” in cui vanno ad identificare i difetti, permette il monitoraggio oggettivo dell’evoluzione dello stato di conservazione negli stessi punti in cui sono state misurate precedentemente. Grazie a queste mappe quindi noi sappiamo esattamente dove stanno i difetti, quanto sono grandi, che dimensioni hanno, che forma hanno ecc. La cosa importante è che noi possiamo monitorarne l’evoluzione, quindi a distanza di anni possiamo vedere con precisione cos’è successo e soprattutto possiamo valutare l’efficacia delle opere di restauro effettuate.

Lei è l’unica che usa questa tecnica nel campo della conservazione dei beni artistici?

Nel mondo sono pochissimi che usano questa tecnica nelle opere d’arte. In particolare all’interno del Campidoglio non ci è entrato nessuno tranne me e il gruppo con cui lavoro che è composto da Francesco Corvaro, Associate Professor all’Università Politecnica delle Marche e visiting professor alla Catholic University of America, il Professor Joseph Vignola della Catholic University of America e il Dottor Diego Turo, Assistant professor alla Catholic University of America, la Dott.sa Amelia Vignola, ricercatrice presso il Naval Research Laboratory di Washington DC.

In passato, sono stata la prima ad aver applicato la tecnica a mosaici, a statue in ceramiche e a legno intarsiato. In particolare sui mosaici siamo riusciti ad identificare tessera per tessera quelle che rischiavano di cadere, una cosa molto importante perché quando una tessera cade è persa perché molto spesso si rompe e ovviamente riuscire ad agire su mosaici di valore importante prima che questo succeda è un vantaggio enorme.

Cosa si prova a lavorare nel Campidoglio, sapendo poi di essere una delle poche persone che ha potuto lavorare in aree che sono accessibili a poche persone?

È sicuramente molto gratificante. Gli americani hanno una grande stima per gli italiani, magari il luogo comune vuole diversamente ma loro pensano che noi siamo persone estremamente valide e competenti. Se hai un’idea, se hai un progetto che a loro piace puoi andare avanti tranquillamente senza l’intervento di nessuno. Nel 2018, dopo anni e anni di distanza dal primo progetto, ho semplicemente scritto una mail ai responsabili, che nel frattempo erano tutti cambiati. Il giorno dopo mi hanno risposto, ci siamo incontrati per parlare ed è ripartito il progetto.

La prima volta che avevo lavorato con loro, per dimostrare la loro soddisfazione per i risultati ottenuti mi hanno conferito la Capitol Flag, un’onorificenza particolare. Prendono una bandiera americana, la fanno sventolare sul Campidoglio per una notte intera e poi la danno alla persona a cui vogliono conferire quest’onorificenza. È gratificante, ti senti parte di una cosa grande e c’è un orgoglio enorme sul fatto che sei un italiano che riesce a farsi valere all’estero.