Ti spaventano i clown? Hai una malattia, o meglio una fobia patologica il cui nome è “coulrofobia”. Dal greco, “paura di colui che va sui trampoli”. Nell’iconografia classica i pagliacci si configurano quali ambasciatori di allegria, positività e buonumore, eppure talvolta finiscono per suscitare in chi li osserva emozioni che poco hanno a che fare col gaudio. Letteratura e cinematografia ci hanno marciato confezionando storie in cui, la figura del clown, incontrava le paure di quanti si volgono a essa con orrore. Il risultato è stato strabiliante e ha garantito a scrittori e registi l’affermazione.
Il sorriso dei clown disorienta l’inconscio
Spesso siamo spinti a cercare una spiegazione alle nostre fobie e speriamo di trovarla lì dove in realtà non è contenuta. In questo spirito abbiamo riempito le sale in occasione dell’uscita di It, il pagliaccio assassino. Ma in cosa affonda le sue radici la “coulrofobia”? Secondo gli esperti tutto avrebbe origine dall’ostentazione di gioia dei clown, in quanto essa metterebbe in allerta l’inconscio, portato a guardarsi dalle reali intenzioni di quella maschera. Il sospetto del quale non ci rendiamo del tutto consapevoli è che il pagliaccio stia usando delle strategie subdole per accattivarsi la nostra fiducia, benché animato da cattive intenzioni.
Non riusciamo a interpretare le sue vere intenzioni
Inoltre l’esigenza di riconoscere le espressioni di chi abbiamo di fronte e di attribuirgli un senso sulla base del contesto che le influenza, è parte della nostra evoluzione. Nei millenni ci ha permesso di difenderci da pericoli e nemici, fino a divenire un istinto caratteristico della specie. I clown inibirebbero questa attitudine, poiché la loro vera espressività è alterata da make-up e artifici. Il tutto si traduce in repulsione verso questa figura bizzarra, o nei casi peggiori in terrore.
Una fobia piuttosto diffusa
L’incidenza della “coulrofobia” non è nemmeno così bassa: ne soffre una persona su sette. Le altre sei, pur non manifestando segni evidenti della patologia, quali palpitazioni, sudorazione, fiato corto e ansia, vivrebbero con apprensione l’idea di trovarsi davanti un pagliaccio. A confermarlo è uno studio dell’Università di Sheffeld, che ha coinvolto 250 volontari.