Un tempo nemico irriducibile il cancro sta oggi incontrando nella medicina un indomito combattente. È in particolare un farmaco a spalancare le porte alla speranza per la cura del tumore al seno metastatico. Si tratta di una terapia usata finora soltanto come seconda linea di cura, che però si è scoperto migliorare la sopravvivenza delle pazienti, aumentando il tempo libero dalla progressione del tumore. Ce n’è abbastanza da auspicare che tale farmaco si trasformi presto nello standard clinico per un numero maggiore di donne.
La forte incidenza della patologia
Sarebbe una vera e propria svolta vista la forte incidenza di questa patologia. Si stima che sono in Italia interessi tra le 37mila e le 52mila pazienti. La notizia di questo bivio nella cura del cancro al seno è stata diffusa in occasione del congresso americano di oncologia (American Society of Clinical Oncology – ASCO) tenutosi a Chicago.
La terapia nel dettaglio
Diamo un’occhiata, nel dettaglio a questa terapia… Si basa su un anticorpo monoclonale farmaco-coniugato (dal nome clinico di trastuzumab deruxtecan) che si propone come una sorta di “chemioterapia smart”: abbina infatti a un anticorpo che si dirige in modo preciso su un bersaglio espresso dalle cellule tumorali (il recettore HER2) un potente chemioterapico. Quando il farmaco incontra una cellula che esprima il recettore HER2 nel suo mirino, rilascia il chemioterapico, che agisce in modo “chirurgico” e incisivo sulla cellula malata e nel suo ambiente circostante.
Buone notizie anche dal convegno di Glasgow
La notizia arriva parallelamente a un’altra innovazione in campo medico per la cura del tumore al seno: uno studio, presentato ad un convegno internazionale a Glasgow, ha testato una cura che consente di ridurre le sedute di radioterapia. L’indagine ha coinvolto 35 centri a livello Europeo, ed oltre 3300 pazienti affette da neoplasia mammaria in stadio iniziale sottoposte a intervento di chirurgia conservativa e successiva radioterapia. L’obiettivo fortemente innovativo dello studio, nel ridurre il numero totale di sedute di radioterapia, garantisce un percorso di cura più breve per le pazienti, con un miglioramento della loro qualità di vita.
La chiosa dell’esperto
Il dottor Bruno Meduri dell’Università di Modena, che ha preso attivamente parte allo studio, ha spiegato: “Abbiamo presentato i risultati relativi all’obiettivo primario dello studio hanno confermato nel setting di pazienti analizzate con caratteristiche di malattia a basso rischio, che l’irradiazione parziale della mammella consente di ottenere lo stesso controllo locale del trattamento standard di irradiazione totale della mammella e stiamo finalizzando la pubblicazione su una rivista scientifica internazionale di prestigio”.