La fuga di cervelli sembra non arrestarsi. Secondo un’indagine condotta da Ipsos per la Fondazione Raffaele Barletta, il 35% dei giovani italiani (1 su 3) è disposto a trasferirsi all’estero per avere migliori opportunità lavorative e salari più alti rispetto a quelli italiani.
La fuga di cervelli
C’è tanta voglia, dunque, di espatriare – o comunque di allontanarsi da casa.
L’indagine, condotta su un campione di 1.200 giovani under 30, oltre a mostrare come un giovane su tre è pronto ad andare via dal Belpaese, presenta un altro dato sconfortante: l’85% ha dichiarato di mettere in conto la possibilità di trasferirsi “lontano da casa” per un lavoro più gratificante.
Di questi non tutti necessariamente intendono trasferirsi oltre confine: il 18% sceglierebbe di rimanere in Italia ma di andare a vivere lontano da casa e il 32% rimarrebbe nella propria regione o in una regione limitrofa. Solo il 15%, invece, ha dichiarato che non vuole spostarsi da dove vive.
Il fattore principale che spinge i giovani a scegliere di espatriare è la possibilità di ottenere uno stipendio più alto rispetto a quello che percepisce in Italia. In media, infatti, lo stipendio base dei giovani all’estero è all’incirca 2.174 euro netti al mese, il 56,1% in più rispetto i 1.393 euro di chi rimane.
Perché i giovani emigrano
Tra il 2008 e il 2022, sono stati oltre 525mila i ragazzi che hanno deciso di lasciare casa ed andare all’estero. Di questi, solo un terzo è tornato in Italia.
Oltre agli stipendi, le ragioni che portano a lasciare casa sono molteplici. Il 32% degli intervistati ha dichiarato di essere emigrato dopo aver ricevuto un’offerta di lavoro interessante, il 27,4% ha lasciato il Paese per mancanza di opportunità.
Il 14,1% è rimasto a lavorare all’estero perché già studiava in un altro paese, mentre solo l’8,8% si è spostato per motivi familiari o personali. E il 3,2% ha accettato una richiesta di trasferimento fuori dall’Italia da parte della propria azienda.
Infine, a motivare all’espatrio è anche la tipologia di contratti. Il 41,3% ottiene un contratto a tempo indeterminato dopo un anno di lavoro, percentuale che sale al 52,1% dopo cinque anni.