Fino a dove si spingerà l’intelligenza artificiale? Diciamo che è già abbastanza oltre, basti pensare che permette di interfacciarsi coi defunti. Un ventennio fa tutto questo sarebbe suonato come fantascienza, frutto della penna di uno sceneggiatore hollywoodiano, tuttavia adesso è davvero possibile ricevere un messaggio dalla persona della quale non abbiamo mai accettato la scomparsa, che grazie all’AI può manifestarsi e placare il vuoto della propria assenza. Ma sarebbe una lacerante illusione, perché dietro tutto ciò ci sarebbe solo un algoritmo.
Come funziona
Il metodo in oggetto consiste nella possibilità di scrivere per via telematica a una chatbot, che funziona come le classiche intelligenze artificiali generative, ma per produrre contenuti coerenti con la persona dipartita attingerebbe a tutto ciò che essa ha prodotto di digitale nella sua vita (chat, sms, messaggi vocali, e-mail, eccetera). Ma la vera domanda è: quante sono le persone che si lasciano irretire da queste forme di comunicazione, a tratti macabre? Moltissime, almeno stando a dei sondaggi risalenti a prima della messa a punto di questi sistemi. Adesso che la fantasia ha trovato riscontro, la gente sembra essersi lasciata un po’ spaventare. O meglio, in molti hanno messo in dubbio l’etica morale di una piattaforma che pretende di dar voce a qualcuno che, per ovvie ragioni, una voce non ce l’ha più.
La gente diffida
Se un tempo si guardava a tutto ciò con fascinazione, adesso lo si fa con diffidenza, tanto che, da uno studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato sull’Asian Journal of Law and Economics, è emerso che nella cosiddetta “resurrezione digitale” (o “clonazione digitale”) ci sarebbe qualcosa di terribilmente sbagliato. L’esame è stato condotto col contributo di 222 volontari statunitensi adulti e, al di là di dettagli superflui su come si sia svolto, non ha lasciato spazio a dubbi: il mondo non è pronto a tutto questo, o è addirittura plausibile che non lo voglia davvero del tutto.