Si ritiene, a torto, che le emozioni siano appannaggio esclusivo dell’essere umano e che le bestiole non riescano a empatizzare con gli altri esseri viventi. Nulla di più sbagliato. Diverse creature possono provare sentimenti a noi familiari, quali gioia, tristezza, imbarazzo, rabbia… Soprattutto, i nostri amici pelosi possono compenetrarsi nei loro simili. È questa una peculiarità che non attiene solo ai nostri più comuni animali da compagnia, quali cani e gatti, ma anche ad altre specie insospettate, vedi scimpanzé, delfini, elefanti, e perfino roditori… È quanto mette in luce un’indagine pubblicata su Science dai ricercatori dello Yerkes National Primate Research Center della Emory University.
Le arvicole delle praterie
Si è partito dallo studio delle abitudini sociali delle arvicole delle praterie, parenti americani dei criceti, da cui è emerso che queste bestiole tenderebbero a empatizzare con i loro simili in modo sorprendente, al punto da adottare comportamenti consolatori con gli altri individui sofferenti. Il coordinatore dello studio Frans de Waal ha chiosato: “Da sempre gli scienziati sono riluttanti ad attribuire l’empatia agli animali, e spesso assumono che i loro comportamenti siano sempre guidati da motivazioni egoistiche. Questo genere di spiegazioni però non hanno mai funzionato particolarmente bene nel caso dei comportamenti consolatori, ed è questo a rendere estremamente interessante il nuovo lavoro”.
Lo studio
Ai fini dell’indagine i ricercatori hanno separato alcuni esemplari di arvicola delle praterie legati da rapporti di parentela, o di lunga frequentazione, e creato uno stato di stress in alcuni di loro utilizzando delle leggere scosse elettriche. Una volta riuniti, gli esemplari non sottoposti al trattamento hanno mostrato inequivocabili segni di comportamento consolatorio, leccando più a lungo e più attentamente del normale gli esemplari sofferenti. Quello ad opera dell’Emory University non è uno studio fine a se stesso, ma mira a offrire spunti di approfondimento circa i meccanismi che risvegliano l’empatia nella nostra stessa specie, un filone di ricerca che potrebbe aiutare a sviluppare trattamenti per gravi disturbi della sfera emotiva come l’autismo, la schizofrenia o la depressione maggiore.
La spiegazione dell’esperto
Infatti, come ha spiegato il coautore dell’indagine Larry Young: “Molti delle più complesse capacità dell’essere umano hanno le loro radici in processi fondamentali del cervello, che condividiamo con moltissime altre specie. Ora abbiamo l’opportunità di esplorare in dettaglio i meccanismi neurali su cui si basano le risposte di empatia utilizzando animali da laboratorio, e questo potrebbe avere importanti implicazioni anche per gli esseri umani”.