A torto o ragione, in molti si dichiarano nemici dell’intelligenza artificiale identificandola con una minaccia, tuttavia occorre dire che dipende da come ci si serve di essa. La medicina ad esempio la sta impiegando per scopi onorevoli, tanto da giungere a una conclusione che ha del rivoluzionario: grazie all’AI, in futuro ogni paziente potrebbe avere un clone digitale che aiuterà a a capire in anticipo a quale trattamento risponda meglio un certo tipo di cancro. A rivendicare la geniale idea è un gruppo di ricercatori britannici che ha saputo ricreare gemelli digitali dei pazienti. Di questi avatar si è poi servito per prevedere se un trattamento anti-cancro funzionasse o meno.
In fase embrionale
Benché sia ancora in fase embrionale, questo strumento promette di accelerare i trial clinici di nuovi farmaci e di trovare trattamenti più mirati. A questa sorprendente innovazione stanno lavorando EORTC (European Organisation for Research and Treatment of Cancer, NCI (National Cancer Institute) e AACR (American Association for Cancer Research). Ai fini delle loro ricerche in materia, queste organizzazioni stanno sfruttando algoritmi impiegati in astrofisica per la ricerca sui buchi neri. Per creare il gemello digitale si procede integrando i dati molecolari del cancro del singolo paziente, ricavati dai campioni esportati chirurgicamente, con i dati clinici di migliaia di pazienti con lo stesso tipo di cancro che hanno partecipato a progetti di ricerca.
Grande risorsa
I gemelli digitali non verranno creati allo scopo di sostituire i veri pazienti, ma potrebbero rivelarsi una grande risorsa nel trattamento del tumore: l’avatar potrebbe ricevere la terapia prima del malato in carne e ossa, così da testarne gli effetti al posto suo. Uzma Asghar della compagnia biotech Concr ha spiegato: “In tutto il mondo, spendiamo miliardi di dollari per sviluppare nuovi trattamenti contro il cancro. Alcuni si riveleranno efficaci, ma la maggior parte no”. Ed ancora: “Possiamo usare i gemelli digitali per rappresentare singoli pazienti, creare coorti per le sperimentazioni cliniche e confrontare i trattamenti per vedere se hanno probabilità di successo prima di testarli su pazienti reali”.