Il prossimo anno scolastico 2025/2026 ci saranno 134.000 alunni in meno tra i banchi, una popolazione equivalente a città come Ferrara, Salerno o Latina. Sono queste le stime preoccupanti (ancora in corso di affinamento in base ai dati demografici Istat) diffuse da Il Sole 24 Ore che arrivano dal governo e dal Ministero dell’Economia in vista della predisposizione degli organici docenti per l’A.S. 2025/2026.
Le stime e il taglio delle cattedre
Nel giro di pochi mesi, gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado caleranno dai 6,9 milioni di quest’anno a 6,8 milioni. E se il trend continuasse, nel giro di 8-9 anni il numero diminuirebbe ancora di più, fino ad arrivare sotto la soglia dei 6 milioni.
Un trend negativo legato alla denatalità. Una delle conseguenze legato a questo fenomeno è la riduzione del numero di cattedre: meno 5.667 unità, come confermato dalla bozza del decreto interministeriale scritta dal Ministero dell’Istruzione e Merito e dal Ministero dell’Economia. Il decreto è stato presentato nei giorni scorsi ai sindacati, ed è stato subito contestato.
La quota di posti riservata al potenziamento (poco più di 50.000 unità) rimarrebbe invariata secondo i sindacati, e verrebbero potenziati i corsi di italiano nelle classi con una presenza di alunni stranieri iscritti per la prima volta superiore al 20%. I posti della classe di concorso A-23 saranno assegnati per un totale di 937 cattedre (751 unità al primo ciclo e 186 nel secondo).
Come per gli anni precedenti, spiega Il Sole 24 Ore, “è prevista una quota di posti da destinare alla riduzione del numero degli alunni per classe, con una previsione di 7.402 posti, in crescita rispetto al passato”. Aumenteranno i docenti di sostegno (+1.866), sempre in applicazione della legge di Bilancio, che saranno assegnati proporzionalmente tra le scuole secondarie di secondo grado tra le diverse Regioni.
Le conseguenze sulla scuola e sul lavoro
I numeri dell’Istat sono impietosi: in venti anni, tra il 2004 e il 2024, abbiamo perso oltre 900.000 giovani sotto i 19 anni. Negli ultimi sei anni le nascite sono calate dalle 431.007 del 2019 a 380.630 dell’anno scorso.
Il trend demografico della denatalità (spesso soprannominato “inverno democratico”) sta modificando profondamente la scuola italiana. Secondo l’ultimo rapporto Ocse (Education at a Glance 2024), nel nostro Paese il rapporto tra il numero di alunni per docente è tra i peggiori. In media, il rapporto è 14 studenti per ciascun insegnante alle scuole primarie, e 13 alle medie e superiori.
In Italia, il rapporto crolla: un docente per ogni 11 alunni alle scuole primarie e alle medie, 10 alunni per insegnante alle superiori. Se da una parte questo è un dato positivo perché significa che le classi “pollaio” con oltre 27 studenti rappresentano l’1% delle classi totali, dall’altro lato è un segnale lampante del crollo delle nascite.
E le conseguenze si fanno sentire anche sul sistema pensionistico, che potrebbe perdere stabilità nel medio-lungo periodo, ma anche nel mondo del lavoro dove si registra un mismatch elevatissimo “che ormai interessa stabilmente un’assunzione su due, con punte del 60/70% proprio per le competenze scientifico-tecnologiche”, si legge. La motivazione principale è che da qualche anno mancano i candidati (secondo Unioncamere-Ministero del Lavoro), scavalcando così la preparazione inadeguata del candidato.