È capitato a chiunque, almeno una volta nella vita, di sentirselo dire: sorridi, anche senza un motivo apparente, e il tuo inconscio troverà una ragione per cui è giusto farlo. Ma funziona davvero così? Pare proprio che la risposta sia affermativa: sollevare gli angoli della bocca verso le orecchie, e servirsi dei muscoli facciali per simulare un sorriso, stimola il buonumore. Questo approccio, che strizza l’occhio all’ottimismo e alla positività, gli psicologi l’hanno battezzato “teoria del feedback facciale”, e si fonda sul principio che l’espressione del volto sia collegata a certe emozioni e generi un ritorno sensoriale. Tutto ciò sarebbe in grado di influenzare le emozioni. Specularmente, aggrottare le sopracciglia può renderci arrabbiati.
L’esperimento
La conferma di tutto ciò giunge da Nicholas Coles, ricercatore della Stanford University, che ha testato questa ipotesi coinvolgendo quasi 4.000 volontari di 19 Paesi e dividendoli in tre gruppi. Il primo ha provato a forzare un sorriso con il metodo della penna tra i denti; il secondo ha dovuto imitare il sorriso di alcuni attori e il terzo ha ricevuto l’ordine di muovere gli angoli delle labbra verso le orecchie e sollevare le guance usando solo i muscoli del volto. La tecnica della penna non ha dato risultati strabilianti, ma gli altri due metodi per sorridere hanno apportato benefici percettibili sull’umore.
Le conclusioni dell’esperto
Queste le conclusioni di Coles: “Certe persone reputano l’esperienza emotiva molto cognitiva, cioè guidata soltanto dalle nostre valutazioni su cosa succede nel mondo. Ma questo lavoro suggerisce invece che sia anche fisiologica”. E ancora: “L’esperienza emotiva sembra essere costruita in parte, sul feedback o sulle sensazioni del sistema nervoso periferico. Il battito accelerato può far sentire ansiose le persone, il sopracciglio aggrottato le può far sentire arrabbiate e lo sforzo di sorridere le può far sentire felici”.
Le perplessità
Benché l’esperimento di Coles abbia dato esito positivo, viene allora da chiedersi perché, alcune categorie di lavoratori costrette a esibire sorrisi forzati, siano più esposte di altre a disagi quali depressione e stress. Ci riferiamo, ad esempio, ai commessi e ai camerieri, tenuti per lavoro a schermare stati d’animo quali tristezza e sconforto. Nel loro caso, pare che simulare sorrisi aiuti poco a ritrovare l’ottimismo.