Abbronzarsi e prendere un po’ di colorito va bene, diventare dipendenti dalla tintarella, decisamente meno… No, non stiamo vaneggiando: esiste davvero una dipendenza da abbronzatura riconosciuta quale disturbo. Stiamo parlando della tanoressia, o “sindrome compulsiva da sole”, disturbo ossessivo-compulsivo caratterizzato da una dipendenza dall’abbronzatura. Si manifesta con un’eccessiva esposizione ai raggi solari o alle lampade abbronzanti, spesso accompagnata dalla percezione di non essere mai sufficientemente abbronzati. È quasi agosto, cuore dell’estate, periodo in cui è facile addormentarsi al sole, o esporsi consapevolmente ad esso per giornate intere. Qualcuno perfino senza schermo solare, indispensabile a preservare la pelle e l’organismo dai danni a lungo termine dei raggi UVA e UVB.
I danni accertati
Essi sono responsabili dell’invecchiamento precoce, delle rughe e della formazione di macchie cutanee. Benché siano presenti tutto l’anno e in quantità costante, la loro intensità varia a seconda della stagione, dell’ora del giorno e della latitudine. Insomma, l’estate si configura come la stagione in cui andrebbero temuti più che mai, eppure, a dispetto delle implicazioni, per molti vige ancora l’algoritmo: meno protezione, più colore. Soprattutto per i tanoressici, il cui benessere psicologico diventa dipendente dal livello di abbronzatura, con umore e autostima legati al colorito della pelle. A detta degli esperti, a permettere alla dipendenza di radicare contribuirebbe il fatto che la pelle, sottoposta a esposizione prolungata alla luce del sole, rilascia endorfine, ormoni che stimolano la sensazione di benessere. Ma con quali conseguenze?
Alterazioni permanenti
L’esposizione al sole, seppur benefica in piccole dosi per la sintesi della vitamina D, comporta anche rischi per la salute della pelle. Ogni volta che ci esponiamo alla luce solare senza protezione adeguata, la nostra epidermide subisce delle alterazioni, alcune delle quali invisibili, ma destinate a lasciare un segno permanente. Come dicevamo, i principali responsabili dei danni cutanei sono i raggi ultravioletti, in particolare gli UVB, che causano le scottature, e gli UVA, che penetrano più in profondità e accelerano l’invecchiamento della pelle. I raggi UVA sono presenti tutto l’anno e attraversano nuvole e vetri, rendendo necessaria la protezione solare anche in inverno o in giornate nuvolose. Il vero dramma? La pelle ha memoria, e anche se decidiamo di prendere le distanze dalle vecchie abitudini, i danni da esposizione solare si accumulano nel tempo.
La pelle ha memoria
Sì, la pelle si rigenera in superficie, ma a livello cellulare conserva traccia delle esposizioni precedenti, e ogni scottatura aumenta il rischio di sviluppare un tumore cutaneo in futuro. Ad ogni modo, ciò non ci sgrava dalle responsabilità verso noi stessi, a significare che non è mai troppo tardi per iniziare a prendersi cura di sé… Per farlo, cominciamo dall’uso abituale di creme solari ad ampio spettro con SPF 30 o superiore, rinnovandole ogni due ore. Evitiamo l’esposizione nelle ore centrali, dalle 11:00 alle 16:00. In conclusione, buona norma sarebbe indossare occhiali da sole e cappelli con visiera o tesa. Ma attenzione, la protezione non è un presidio da circoscrivere ai soli mesi estivi, poiché, nelle restanti stagioni, il sole non è inoffensivo. Pertanto, sarebbe meglio usare la crema protettiva anche in inverno, in città.