Il potere terapeutico dell’ozio: come le vacanze rigenerano la mente

da | Ago 5, 2025 | Attualità

Per qualcuno, le vacanze sono terreno fertile per i sensi di colpa. Del resto, l’estate è la stagione in cui gli impegni si mettono da parte, a beneficio di un relax che non conosce interruzioni. Il trastullo e lo svago diventano attività a tempo pieno, mentre ci domandiamo se sia del tutto giusto demandare all’autunno le impellenze che non aspettano altro che assalirci una volta ripresi i vecchi ritmi. Oggi è la scienza a rispondere: abbracciare l’ozio non solo non è peccato, ma è perfino salutare. Ogni tanto, “perdere tempo” è una forma legittima di attività mentale.

Aumento della creatività

Nel 2015, i ricercatori Jihae Shin dell’University of Wisconsin e Adam Grant della Wharton School hanno condotto una serie di esperimenti, dimostrando che un livello moderato di procrastinazione aumenta la creatività. Nel dettaglio: se affronti un compito subito, ti limiti alla prima idea che ti viene in mente; se invece lo rimandi un po’, lasci al cervello il tempo di incubare le alternative, e questo porta a soluzioni più originali. La regola di questo principio funziona più o meno così: se ogni tanto ti distrai, non è che stai sprecando tempo; stai lavorando in disparte. Non è certo la prima volta che la scienza si mette in moto per approfondire il tema.

Incubazione di idee

Era il 1926 quando il teorico della creatività Graham Wallas parlò di “incubazione” come fase fondamentale del processo creativo. Studi più recenti, come quelli pubblicati su Psychological Bulletin, hanno confermato che interrompere un’attività e tornarci più tardi migliora le performance cognitive, soprattutto nei compiti che richiedono creatività o intuizione. A significare che il cervello, anche mentre fai altro, continua a rielaborare idee e problemi in background. Insomma, quella sosta sotto l’ombrellone a rosicchiare fette d’anguria è più utile di quanto pensi, nonostante per te risponda al nome di “dolce far niente”.

La legge di Parkinson

Coloro che temono che, una volta ripresi i vecchi ritmi, il tempo non basterà per rimettersi in bolla farebbero bene a prendere nota della legge di Parkinson, secondo cui “il lavoro si espande fino a occupare tutto il tempo disponibile”. Insomma, se hai tre giorni per fare una cosa, ci metterai tre giorni; se ne hai uno, sarai sorprendentemente efficiente. Ma attenzione: perdere tempo, molleggiarsi e oziare non è sempre cosa buona e giusta. La procrastinazione passiva, legata a paura, ansia o indecisione, ha effetti negativi documentati: aumento dello stress, calo della qualità del sonno, maggiore rischio di depressione. Sostanzialmente, la differenza sta nel motivo per cui rimandi: se lo fai per incubare idee e riposarti, è funzionale alla produttività. Se lo fai per evitare, per senso di inadeguatezza o per blocco emotivo, rischia di diventare limitante e depotenziante.