Un danno costato caro a un miliardo di cinesi che si sono visti rubare, a loro insaputa, i dati sensibili. La notizia viene riportata da Bloomberg, secondo il quale un team non ancora ben specificato avrebbe violato i database della polizia di Shangai in Cina, ottenendo l’accesso alle informazioni personali di 1 miliardo di cinesi.
Un file di oltre 23 terabyte di dati è stato messo in vendita sul dark web per 10 bitcoin, parliamo di 198.000 dollari.
Ma cosa include il file rubato?
Il file conteneva i dati sensibili: nome, cognome, città di nascita, indirizzi, numeri identificativi delle carte di identità e cellulari delle vittime.
Non è chiaro come sia avvenuto il furto, e chi sia la mente pensante dell’accaduto. Per la polizia forti sospetti sono sulla stessa agenzia che custodiva i database, parliamo di una società di cloud computing del gruppo Alibaba, chiamata Aliyun, sui cui server era appunto ospitato l’archivio.
Se venisse confermata la notizia del furto, per Alibaba, colosso dell’e-commerce e dei servizi tecnologici cinesi, sarebbe una grave perdita imperdonabile, infatti parliamo della violazione più importante subita dalla Cina e una tra le più grandi della storia del web.
Intanto su Twitter impazza l’hashtag “Shanghai data leak“.
Intanto che si fa chiarezza, sia la polizia che Alibaba si sono messi alla ricerca del colpevoli. Ignote ancora oggi le sorti dei dati degli utenti frodati. Ciò che mette paura è quello che ci ricorda l’Ansa, vale a dire che in Cina negli ultimi anni ci sono stati una escalation di incidenti di sicurezza. Nel 2016, su Twitter sono state pubblicate informazioni sensibili su manager e imprenditori cinesi, incluso il fondatore di Alibaba, Jack Ma. Nel 2020, il più famoso social network cinese, Weibo, aveva ammesso il furto di dati di oltre 538 milioni di utenti mentre nel 2022, i server della polizia cinese nella regione dello Xinjiang erano stati hackerati per sottrarre prove sugli abusi compiuti dal Governo di Pechino sulla minoranza etnica degli uiguri.