Giovedì 14 settembre dalle ore 15 si terrà l’incontro promosso dall’Università #eCampus “Visita alla Biblioteca e Archivio Capitolare di Vercelli” a cura di Silvia Faccin e di Cristina Raffaghello, Docente di Filologia Germanica dell’Università eCampus.
Il seminario è dedicato alla presentazione e visualizzazione (anche da remoto) di due importanti manoscritti conservati alla Biblioteca e Archivio Capitolare di Vercelli, la quale costituisce una vera e propria “Biblioteca scientifica del medioevo”.
I codici ivi contenuti riguardano nove settori come la Liturgia, le Sacre Scritture, i Commenti alla Bibbia, le omelie, il diritto canonico, il diritto civile, la storia, gli scritti dei Padri e dei Dottori della Chiesa, le scienze e le arti.
L’evento è gratuito, per partecipare in presenza è necessario inoltrare la prenotazione al seguente indirizzo email: info@tesorodelduomovc.it oppure telefonare al numero 016151650. Per partecipare online basta accedere a questo link: https://meet.goto.com/812194309
Il Vercelli Book
Il ms. Vercelli, Biblioteca e Archivio Capitolare CXVII, conosciuto anche come Vercelli Book è un manoscritto pergamenaceo, risalente alla metà del X secolo, vergato probabilmente da un solo scriba in scrittura minuscola quadrata anglosassone. Si tratta di un documento di grandissimo valore, redatto in Inghilterra tra il 950 e il 968, probabilmente, secondo le congetture di Donald Scragg nello di Sant’Agostino a Canterbury.
È un manoscritto che contiene ventitré omelie e sei componimenti poetici che si alternano senza un ordine preciso, per alcuni dei quali il nostro codice costituisce l’unico testimone. Si tratta di un codice piuttosto povero; infatti non presenta miniature e neppure erano previste. Di conseguenza venne concepito per essere portato in viaggio, ad uso dei religiosi (ma anche dei laici) i quali si recavano in pellegrinaggio a Roma; infatti il pellegrinaggio nel medioevo era visto come un evento dello spirito e, compiendolo, ci si rendeva conto della caducità delle cose terrene.
Inoltre, il tema del viaggio è collegato anche ad alcuni componimenti poetici in esso contenuti, come Andreas (inerente all’apostolo Andrea, il quale intraprende il viaggio per recarsi a convertire i Mermedoni, i quali erano famosi per la loro ferocia e per il cannibalismo) e il componimento Elena, il quale ci narra del viaggio intrapreso dalla futura Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, la quale intraprende questo viaggio per ritrovare la Croce di Cristo. In questo componimento, come anche ne I fati degli Apostoli troviamo riprodotta la firma in caratteri runici del poeta Cynewulf, il secondo poeta anglosassone di cui conosciamo il nome.
Oltre a ciò, il tema della Croce viene ripreso ne Il Sogno della Croce, un componimento di straordinaria bellezza in cui la Croce di Cristo parla al poeta in sogno. Gli altri componimenti giunti fino a noi nel Vercelli Book sono il Be manna lease, un testo poetico che ha come argomento la falsità degli uomini e il Dialogo tra l’anima e il corpo (attestato anche nel ms. Exeter, Cathedral Library 3501, meglio conosciuto come Exeter Book).
Per quanto concerne, invece, le omelie esse riguardano gli argomenti cari all’omiletica medievale, come la necessità a seguire il bene e ad evitare il male, il destino dell’anima dopo la morte, il Giudizio Universale, altre invece hanno come tema le feste religiose più importanti, quali la Pasqua, la Pentecoste e l’Avvento.
Ciò che è singolare è la presenza a Vercelli di questo codice anglosassone. Nel corso dei secoli si è cercato di dare una spiegazione di questa ubicazione in Italia. L’ipotesi maggiormente plausibile è che il nostro manoscritto sia stato donato, lasciato o dimenticato da qualche pellegrino che si recò a Roma; un’altra congettura è legata alla presenza del monastero di Bobbio (il quale si trova vicino a Vercelli) e il nostro codice potrebbe essere stato portato nel monastero fondato da Colombano intorno al 610 per essere copiato. D’altronde non bisogna dimenticare che Bobbio divenne il centro più importante per la diffusione della cultura anglosassone. Può darsi che un giorno vengano rinvenuti qualche citazione o qualche riferimento che ci aiutino a scoprire questo “giallo”.
Un codice anglosassone a Vercelli
Per quanto concerne, invece, il secondo codice, ossia il ms. CLXXXVIII, ci tramanda le leggi dei Longobardi, esattamente l’Editto di re Rotari (643) nonché le leggi promulgate da alcuni suoi successori come Grimoaldo e Liutprando. Si tratta di uno dei dodici codici in cui le leggi dei Longobardi sono giunte fino a noi.
Di conseguenza la tradizione manoscritta delle leggi longobarde è piuttosto ampia. Secondo Piergiuseppe Scardigli i manoscritti contenenti le disposizioni giuridiche longobarde si possono ricondurre a tre tradizioni differenti, esattamente italiana settentrionale (i cui scriptoria più importanti furono Pavia, Ivrea, Verona e Bobbio), italiana meridionale (legati ai centri scriptoria di Salerno, Benevento, Monte Cassino e Cava dei Tirreni) e tedesca (a cui gli scriptoria collegati erano Wȕrzburg, Fulda e Salisburgo). Il nostro codice venne riprodotto durante il regno di Liutprando, intorno al 730-735 e potrebbe essere ricondotto al filone tedesco o italiano settentrionale, sebbene non ce ne sia la certezza assoluta, poiché insieme al ms. Sangallensis 730, essendo tra i più antichi (si tenga presente che il Sangallensis 730 risale alla fine del VII secolo, quindi è quasi coevo all’originale) risulta difficile ricondurli entrambi a un filone preciso.
Redatto in onciale, il manoscritto di Vercelli contiene l’Editto di Rotari, otto capitoli della legislazione di Grimoaldo e le leggi di Liutprando fino al capitolo 139 (dei 153 di Liuptrando), di conseguenza è mutilo. Il ms. Vercellensis CLXXXVIII è un manoscritto costituito da ventidue quaternioni, in tutto presenta 169 folii membranacei. Inoltre esso contiene svariate e bellissime miniature, soprattutto per quanto riguarda le iniziali dei singoli paragrafi di ogni capitolo. Le leggi di Rotari e Grimoaldo furono riprodotte con due inchiostri (essenzialmente rosso e marrone), mentre quelle di Liutprando con tre colori di inchiostri (marrone, rosso e verde) che conferiscono particolare vivacità al codice.
Le leggi dei sovrani longobardi furono redatte in latino, sebbene si riscontrino alcune glosse in longobardo e, con la stesura dell’Editto di Rotari (promulgato 75 anni dopo la discesa di Alboino in Italia), per la prima volta i Longobardi fanno uso della scrittura. Infatti, come è risaputo, essi (come tutte le altre popolazioni germaniche) tramandavano oralmente le loro consuetudini e appresero a fissarle per iscritto secondo l’esempio che ricevettero dai Romani. Rotari si presenta come un sovrano consapevole di essere alla guida di un popolo, non più come un semplice comandante dell’esercito. Le sue disposizioni riflettono comunque ancora le tradizioni tipicamente germaniche, seppure influenzate dalla cultura romana, tant’è che le troviamo citate nella forma cawarfidae, ossia ‘consuetudini’. Al contrario, nelle leggi di Liuptrando notiamo già l’influsso della religione cristiana (cattolica) al quale il sovrano e il suo popolo oramai si erano convertiti.
Prof.ssa Cristina Raffaghello