Al centro della Via Lattea, la nostra galassia, si trova un buco nero supermassiccio chiamato Sagittarius A*, avvistato per la prima volta nel 2022. Qualche giorno fa il team dell’Event Horizon Telescope (Eht) è riuscito a catturare un’altra immagine del buco nero svelandone per la prima volta la rete di forti campi magnetici che lo avvolgono grazie alla luce polarizzata.
La scoperta dell’Eht
L’Event Horizon Telescope (Eht) è un progetto internazionale che coinvolge oltre 300 ricercatori da tutto il mondo, compresi numerosi studiosi italiani dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.
La scoperta è stata riportata in due articoli pubblicati su The Astrophysical Journal Letters. Sagittarius A* si trova a 27mila anni luce dalla Terra ed è oltre mille volte più piccolo e meno massivo rispetto a M87*, il primo buco nero in assoluto ad essere stato fotografo nel 2019 e che si trova al centro della galassia M87.
Grazie alla luce polarizzata, i ricercatori hanno fotografato Sagittarius A*, rivelando una struttura di campi magnetici intensi ed organizzati a spirale attorno al bordo del buco nero.
“Quello che vediamo ora è che ci sono campi magnetici forti, contorti e organizzati vicino al buco nero al centro della Via Latte. Oltre al fatto che Sagittarius A* presenta una struttura di polarizzazione straordinariamente simile a quella osservata nel buco nero M87*, molto più grande e potente, abbiamo imparato che i campi magnetici forti e ordinati sono fondamentali per il modo in cui i buchi neri interagiscono con il gas e la materia che li circonda”, ha spiegato Sara Issaoun, ricercatrice presso il Center for Astrophysic – Harvard & Smithsonian e co-leader del progetto.
Strutture comuni?
“Il fatto che la struttura del campo magnetico di M87* sia così simile a quella di Sagittarius A* è significativo perché suggerisce che i processi fisici che governano il modo in cui un buco nero alimenta e lancia getti potrebbero essere universali tra i buchi neri supermassicci, nonostante le differenze di massa, dimensione ed ambiente circostante”, ha osservato Mariafelicia De Laurentis, prof.ssa dell’Unviersità di Napoli Federico II e ricercatrice all’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn).
“Questo risultato ci consente di affinare i nostri modelli teorici e le nostre simulazioni, migliorando la nostra comprensione di come la materia viene influenzata vicino all’orizzonte degli eventi di un buco nero”, ha spiegato De Laurentis.
Che cos’è la luce polarizzata?
Lo European Southern Observatory (ESO), che fa parte del progetto Eht, spiega così la luce polarizzata sfruttata per catturare Sagittarius A*:
La luce è un’onda elettromagnetica oscillante o in movimento che ci consente di vedere gli oggetti. A volte, la luce oscilla con un orientamento preferito e la chiamiamo “polarizzata”. Sebbene la luce polarizzata ci circondi, agli occhi umani è indistinguibile dalla luce “normale”. Nel plasma che circonda questi buchi neri, le particelle che ruotano intorno alle linee del campo magnetico producono una polarizzazione perpendicolare al campo. Ciò consente agli astronomi di vedere con dettagli sempre più vividi cosa sta accadendo nella regione intorno ai buchi neri e di tracciare le linee del campo magnetico.
“Producendo l’immagine della luce polarizzata proveniente dal gas incandescente nei dintorni dei buchi neri, deduciamo direttamente la struttura e l’intensità dei campi magnetici che permeano il flusso di gas e materia di cui il buco nero si nutre e che espelle”, ha affermato Angelo Ricarte, Harvard Black Hole Initiative Fellow e co-responsabile del progetto. “La luce polarizzata ci insegna tantissimo sull’astrofisica, sulle proprietà del gas e sui meccanismi che avvengono quando un buco nero si nutre”.