Approdano ai Musei Vaticani due capolavori indiscussi di Gian Lorenzo Bernini: “Anima Beata” e “Anima Dannata”. Si tratta di opere celebri, ma poco fruibili agli appassionati, in quanto la loro “casa” abituale è l’ambasciata di Spagna, presso la Santa Sede. Tante le leggende che avvolgono queste sculture dal fascino immortale, una di esse narra che Bernini, per realizzare il bozzetto di “Anima Dannata”, abbia lasciato che la sua mano venisse bruciata dal fuoco di una candela, così da fissare il proprio viso in un’espressione di inquietudine e terrore. “Anima Beata” rappresenta invece una donna dal volto estatico, approdata alla salvezza eterna. Presso i Musei Vaticani, sarà possibile ammirare le opere fino al 31 gennaio prossimo; il ricavato della vendita del catalogo sarà devoluto agli alluvionati di Valencia.
Capolavori di un giovane genio
Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani, ha chiosato: “Gian Lorenzo Bernini fece di queste sublimi opere la cifra di tutta la sua attività. Iniziò a lavorarci da 21enne, e quelli che abbiamo di fronte sono i capolavori di un giovane genio. Rendono testimonianza di due diversi stati d’animo: uno spirito dannato, terribile, disperato nel suo grido d’angoscia, e uno spirito beato che guarda il cielo e, nello spettatore, infonde sentimenti elevati, di spiritualità e bellezza”. Ed ancora: “È mirabile la capacità di Bernini di rendere con autentica maestria i più inaccessibili e sfuggenti moti dell’animo, ricorrendo a forme e modalità spesso sorprendenti o imprevedibili”. Difatti lascia estasiati il modo in cui Bernini sia riuscito, a dispetto della giovanissima età, a cavare fuori dal marmo due figure vive, pulsanti d’emozione.
- L’inferno e il paradiso
Tra i primi a fiutare il superlativo talento dell’artista fu Paolo V, il primo degli otto Pontefici con i quali Bernini si interfacciò, che di lui disse: “Questo fanciullo sarà il Michel’Angelo del suo tempo”. Helena Perez Gallardo dell’Università Complutense di Madrid, che insieme al Direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta ha curato la mostra, ha spiegato: “Si inseriscono in un filone sacro che, riallacciandosi alla teoria dei quattro affetti, invitava il credente a rafforzare la fede e a interrogarsi sulle realtà ultime: la morte, il giudizio, l’inferno e il paradiso”.