Ognuno ha un’idea propria relativa alla felicità e a come raggiungerla, tuttavia, per avvicinarsi il più possibile ad essa, pare che per tutti sia sufficiente mangiare in compagnia. Proprio così: condividere il companatico con gli altri sarebbe un ottimo espediente per sentirsi appagati e soddisfatti, e a confermarlo è la scienza attraverso uno studio di Oxford Economics ripreso dal Guardian. Al contrario, mangiare da soli sarebbe perfino nocivo per la salute. I ricercatori hanno effettuato un sondaggio su 8.250 cittadini britannici e costruito un “indicatore di benessere” (Living Well Index), dato dalla somma di una serie punteggi dati da qualità del sonno, soddisfazione sessuale, quantità di tempo libero e frequenza con cui si mangia in compagnia.
I risultati
Dalla ricerca è emerso che chi mangia da solo mette insieme 7,9 punti in meno, in termini di felicità, rispetto alla media nazionale britannica (che è di 60,7, in una scala che va da 0 a 100). A conti fatti, sembra che mangiare in compagnia renda le persone più soddisfatte della propria vita e garantisca migliori probabilità di stare bene con se stessi. L’indagine porta la firma di Robin Dunbar, docente di antropologia e psicologia all’università di Oxford, il quale ha commentato i risultati così: “semplicemente non sappiamo perché le persone che mangiano insieme siano più felici. Quel che è certo è che pranzare con gli altri attorno a un tavolo favorisce il rilascio di endorfine da parte del cervello producendo in noi una piacevole sensazione di benessere. E che questo rituale sociale risulta imprescindibile, anche nelle nostre vite caotiche e piene di impegni”.
Animale sociale
Del resto, che l’uomo sia un animale sociale è notorio. A mettere in luce questa connotazione della specie sono stati diversi studi. Ad esempio, un’analisi di 148 studi epidemiologici qualche anno fa ha cercato di capire quali siano i fattori che favoriscono l’aspettativa di vita a un anno dall’infarto. Ne è emerso che le persone con relazioni sociali più forti hanno una probabilità di sopravvivenza maggiore del 50% rispetto a quelle con relazioni sociali più deboli.