Norbert Wiener: l’uomo che insegnò alle macchine a pensare

da | Ott 14, 2025 | Pionieri e visionari

Ci sono menti che non appartengono del tutto al proprio tempo. Norbert Wiener era una di queste. Figlio di un linguista geniale e severo, bambino prodigio capace di laurearsi prima di imparare a vivere, Wiener fu uno di quegli uomini che sembrano nati con un pensiero più grande della propria epoca. E come spesso accade a chi vede troppo lontano, la sua esistenza fu un miscuglio di genio e inquietudine.

La nascita del sistema automatico

Era la prima metà del Novecento, un mondo che stava imparando a parlare il linguaggio delle macchine. Mentre l’umanità si rialzava dalle guerre e dalle rovine, Wiener osservava la nascita di un nuovo organismo: il sistema automatico, la rete che connetteva uomo e tecnologia, cervello e calcolatore. Lui lo chiamò cibernetica (dal greco kybernetes, “timoniere”) perché ciò che più lo affascinava era il modo in cui le informazioni potevano governare il caos. Per Wiener, il corpo umano e una macchina potevano essere due versioni dello stesso principio: un sistema che riceve segnali, li elabora e reagisce.

Dietro il genio c’era un uomo fragile

Negli anni in cui i suoi studi gettavano le basi dell’intelligenza artificiale, Wiener cominciava a temere il futuro che lui stesso aveva contribuito a creare. Vide nelle sue scoperte un potenziale di disumanizzazione, un mondo in cui l’uomo avrebbe potuto smarrire la propria voce tra il rumore dei segnali che aveva costruito. Disse: “Non viviamo in un mondo dominato dalle macchine, ma dalle decisioni che prendiamo attraverso di esse”. Questa frase suona oggi come il suo testamento. Wiener capì, prima di chiunque altro, che ogni forma di potere tecnologico nasce da una domanda morale. Non è il computer a scegliere cosa fare del suo calcolo. Siamo noi a scrivere l’equazione. Siamo noi i timonieri.

Un destino poetico

C’è qualcosa di profondamente poetico nel destino di Norbert Wiener. L’uomo che aveva cercato di unire uomo e macchina finì per sentirsi, lui stesso, diviso tra le due nature. Tra la fredda logica della scienza e la disperata esigenza di restare umano. Morì nel 1964. Oggi, mentre l’intelligenza artificiale prende forma e voce, il nome di Wiener ritorna come un’eco. Non tanto come quello di un inventore, ma come quello di un filosofo travestito da matematico. Perché la cibernetica, alla fine, non era solo un sistema di controllo, bensì una metafora della vita. Un invito a non dimenticare che il pensiero, anche quello delle macchine, nasce sempre da un desiderio umano: capire il mondo per non esserne travolti.