Ci sono autori che non smettono di parlarci, anche quando il tempo sembra averli messi a tacere. Italo Calvino è uno di loro. Nasce il 15 ottobre 1923 a Santiago de Las Vegas, Cuba, figlio di due scienziati italiani. Il padre, agronomo; la madre, botanica. Dalla loro unione, Calvino eredita il gusto per l’ordine e la curiosità per la natura: il bisogno di capire come funziona la vita, ma anche la capacità di lasciarsi incantare da ciò che non si può spiegare. Quando la famiglia torna in Italia e si stabilisce a Sanremo, il bambino cresce tra giardini e colline, circondato da una natura che diventerà più tardi una metafora costante: quella di un mondo osservato dall’alto, da un albero, da un punto di vista che non giudica ma contempla.
La svolta
La guerra interrompe ogni cosa. Da studente di Agraria a Torino, Calvino entra nella Resistenza e combatte tra le file partigiane. Di quell’esperienza resterà il segno nella sua opera prima, “Il sentiero dei nidi di ragno”: la storia di un bambino che guarda la guerra con occhi ancora capaci di stupore. Dentro quel romanzo c’è già la chiave di tutta la sua scrittura: la realtà filtrata attraverso l’immaginazione, la tragedia attraversata dalla grazia.
Tra realismo e fantasia
Negli anni Cinquanta la sua voce si trasforma. Calvino si allontana dal realismo per costruire un universo tutto suo, dove la fiaba e la filosofia convivono. È il tempo della Trilogia degli antenati: “Il visconte dimezzato”, “Il barone rampante”, “Il cavaliere inesistente”. Con gli anni Sessanta arriva la stagione dell’invenzione pura. “Le Cosmicomiche” e “Ti con zero” trasformano la scienza in poesia. Nel 1972 pubblica “Le città invisibili”, forse la sua opera più amata. Marco Polo racconta a Kublai Khan le città che ha visitato: ognuna è un luogo dell’anima. Poi arriva “Se una notte d’inverno un viaggiatore”. Negli ultimi anni, Calvino lavora alle Lezioni americane, le conferenze che avrebbe dovuto tenere a Harvard.
Autore immortale
Muore nel settembre del 1985, a Roccamare. Aveva 61 anni. Quarant’anni dopo, la sua presenza è ovunque: nelle scuole, nei saggi, nelle frasi che vengono citate per ritrovare un equilibrio nel disordine. “Prendete la vita con leggerezza, che non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. Questa è la sua frase più celebre e rappresentativa, che sembra contenere in sé l’intera identità letteraria di Calvino.