Cosa direste se vi proponessero di lavorare trenta ore invece di quaranta con lo stesso stipendio? Non è un’idea così assurda, ma invece proprio ciò che ha deciso di proporre l’azienda Jobroller di Straubing, in Bavaria, ai proprio dipendenti. Ovviamente però non mancano le condizioni sine qua non: niente cellulare, niente Facebook e affini, niente WhatsApp. La pausa pranzo? Non esiste.
Sei ore filate invece di otto. Due turni, a libera scelta del dipendente: arrivare alle 8 del mattino e tornare a casa alle 14, oppure lavorare dalle 11 alle 17. E sembra quasi un paradosso, perché la Jobroller è una piattaforma online per trovare una nuova occupazione, ma a Straubing questo sistema è in vigore già dallo scorso ottobre e sembra funzionare bene.
L’idea, nata dal patron di Jobroller, Guenter Dillig, punta ad assicurare il livello retributivo e concedere più tempo libero, in cambio “solo” di una concentrazione assoluta durante la permanenza sul posto di lavoro. Una soluzione che va a toccare il tema della flessibilità degli orari, molto sentito in paesi come la Germania e l’Austria, dove da settembre dell’anno scorso è stato fissato un tetto massimo di 60 ore settimanali.
Lavoro in remoto, homeworking, ma anche la possibilità di essere raggiungibili (e operativi) 24 ore al giorno, con orari che si allargano o si restringono in modi non sempre controllabili, sono solo alcune delle numerose questioni sul tavolo della flessibilità e della progressiva digitalizzazione del mondo del lavoro. Tematiche molto dibattute da sindacati e associazioni imprenditoriali, in una discussione estremamente complessa.
Un sondaggio di YouGove, in Germania, ha rilevato che il 53% del campione d’esame vede favorevolmente la riduzione del proprio orario di lavoro, anche a costo di rimetterci qualche euro di stipendio. Secondo l’istituto per le ricerche sul mercato del lavoro (IAB) di Norimberga, il 50% degli uomini e il 40% delle donne in Germania vorrebbero una riduzione di 2,5 ore di lavoro: «È un trend molto evidente», sottolinea l’istituto.
«Quello che conta, alla fine, è il risultato – sostiene Guenter Dillig, privo di ogni dubbio – Il tempo libero nella vita è il bene supremo. Se i miei dipendenti si divertono di più sul lavoro portano anche maggiori risultati». Ed è sua convinzione che si tratti anche di un modello sostenibile dal punto di vista economico: «Vorrei che anche altre aziende avessero il coraggio di tentare questa strada. E per quanto ci riguarda, finché il fatturato è garantito, noi andiamo avanti».