Si celebra oggi, in tutto il mondo, la Giornata dei Diritti Umani, in ricorrenza dell’anniversario della Dichiarazione Universale firmata a Parigi nel 1948, esattamente 70 anni fa, che sancisce già dal primo articolo che “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
Principi fondanti e assoluti per ogni società che voglia definirsi civile, eppure sempre più delicati e in bilico con il passare degli anni e l’affievolirsi della memoria storica, dei drammi e delle atrocità che portarono come reazione, al termine della Seconda Guerra Mondiale, all’elaborazione della Dichiarazione.
Mentre assistiamo al risorgere di sentimenti nazionalisti in ogni parte del mondo e lo spirito di fratellanza viene limitato sempre di più al proprio piccolo orticello, vanno sottolineate e celebrate non tanto l’anzianità quanto piuttosto la giovinezza, la modernità e l’attualità dei Diritti Umani. Diventa infatti di nuovo rivoluzionario pretendere che uomo, donna o bambino, italiano, americano o tunisino, bianco, nero o giallo, non solo abbiano tutti gli stessi diritti inalienabili, ma che debbano anche considerarsi (ed essere considerati) alla pari, liberi ed uguali in dignità.
Ma cos’è esattamente la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani?
La Dichiarazione Universale è composta da trenta articoli volti a sancire definitivamente i Diritti Umani suddivisi in civili, politici, economici, sociali e culturali. Si va dal divieto di tortura (il cui reato in Italia è stato introdotto solo nel 2017) e di condizioni degradanti nelle carceri (per le quali l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel gennaio 2013), al diritto di equo processo e alla presunzione di non colpevolezza, fino al diritto di cittadinanza e di libera circolazione delle persone.
Qual è l’obiettivo della Giornata Mondiale dei Diritti Umani?
Lo scopo della giornata è di diffondere (e ricordare) il principio di uguaglianza prescritto dalla Dichiarazione Universale, troppo spesso ignorato o addirittura sconosciuto non soltanto dai più giovani, ma anche da anziani ed istituzioni. Non a caso, tutt’oggi, a 70 anni dalla firma, l’obiettivo sembra più lontano che mai: dalla crescente xenofobia alle politiche dei governi europei e statunitensi verso immigrati e stranieri, l’impressione è che i Diritti Umani abbiano perso il ruolo di caposaldo della società, per essere derubricati a semplice fronzolo ornamentale.
«Quando sono stata espulsa dalla scuola, giorni per me drammatici, papà chiamò la maestra che avevo avuto in prima e seconda elementare. Abitavamo vicino a scuola. La aspettavo affettuosa, invece è stata pochissimo e ha detto: “Ma cosa c’entro, io? Non le ho fatte mica io le leggi razziali!”. Poi mi ha abbracciata, se n’è andata e non l’ho mai più sentita ne vista. Non era “cattiva”, era una persona qualunque. Era la banalità del grande male che mi ha fatto. […] L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferenza». (Liliana Segre, reduce dell’Olocausto e Senatrice a Vita della Repubblica Italiana)