Il terrore più grande di ogni genitore è quello di vedere il proprio figlio soffrire senza poter fare nulla per aiutarlo. Un rapporto, quello fra padre e figlio, centrale nel cinema degli ultimi anni, in particolare nei film statunitensi, che vede il rapporto tra le due figure sgretolarsi per svariati motivazioni. Come in questo film: un figlio tossicodipendente e un padre disperatamente alla ricerca di un modo per aiutarlo a uscirne.
Nick Shelf è un bellissimo ragazzo, bravo studente di 18 anni che scrive per il giornale della scuola, recita nello spettacolo teatrale di fine anno e fa parte della squadra di pallanuoto. Nick ama leggere e possiede una spiccata sensibilità artistica; in autunno andrà al college. Cresciuto con amore dal padre giornalista e dalla sua seconda moglie, Karen.
Beautiful Boy dal 13 Giugno al cinema, , esordio in lingua inglese per Felix Van Groeningen, il regista belga lanciato da Alabama Monroe, nominato all’oscar sei anni fa. Una storia ispirata da due libri di memorie, quello del padre David Sheff, ripreso nel titolo, e quello del figlio, Nick, che suona semplicemente Tweak; sottotitolo: crescendo con le metanfetamine. A interpretarli Steve Carell, ormai sempre più indirizzato verso una carriera convincente nel cinema non solo comico, e l’astro nascente Timothée Chalamet, giustamente incensato per l’eccellente performance in Chiamami col tuo nome.
Beautiful Boy è ambientato in un luogo sereno in California, una casa tutta di legno e piena di libri e quadri disegnati dalla nuova compagna del padre. Un’adolescenza da amante del rock più crepuscolare, del resto non molti anni prima c’era stata l’esplosione, un po’ più a nord, del grunge. Anche i suoi gusti letterari contribuiscono a coltivare le paure e gli istinti, connaturati a una fase di crescita, “quella del recluso e dell’isolato” che “presto finirà”, come gli dice il padre quando si rende conto per la prima volta del suo consumo di droghe. “Mi piacciono”, è la sua spiegazione. Ha provato di tutto, dalla prima sbronza a 11 anni alle canne, all’inizio cercando la condivisione con il padre, “che tanto so che all’età tua te ne sei fumate”. Per passare però, presto e volentieri, alla cocaina, all’ecstasy, diventando dipendente da eroina e soprattutto dalla nuova arrivata di quegli anni, la più pericolosa di tutte, la crystal meth, la regina “quasi perfetta” delle metanfetamine.
Van Groeningen insiste in continui intrecci temporali, viaggi indietro e in avanti che ci conducono in un racconto labirintico che copre alcuni anni. Il punto di ingresso della storia è quello del padre David. Per smetterla di venire svegliato con terrore dallo squillo del telefono in piena notte, cercherà di applicare gli strumenti del suo mestiere di giornalista per compiere un vero reportage nella mente e nella quotidianità di un drogato, cercando di mettersi nei panni del figlio e intuire cosa possa provare.
Beautiful Boy è dunque soprattutto di sentimenti, concepito in maniera classica e realistica, a volte fin troppo calcolata e prudente. La disperazione di padre e figlio procede su binari paralleli, per questo ogni incontro è destinato al fallimento, ma il film di Felix Van Groeningen lavora con cura per non attribuire colpe, o quanto meno per distribuirle in egual misura, annullando il senso di tale la ricerca.