Il 20 gennaio 1920 nasceva a Rimini quello che verrà definito da Gilles Deleuze il «veggente» del cinema italiano: Federico Fellini.
Ed è proprio nella città natale del regista che dallo scorso 14 dicembre al 15 marzo 2020 va in scena “Fellini 100 Genio immortale. La Mostra” presso Castel Sismondo, la quale celebra il centenario dalla nascita del Maestro.
Un’esposizione che rende omaggio all’Artista con eventi, mostre e spettacoli; distribuita su tre nuclei di contenuti:
- La prima parte ripercorre attraverso le immagini felliniane la Storia d’Italia dai primi anni ’20 del secolo scorso, passando al dopoguerra fino agli anni Ottanta.
- Poi c’è la parte dedicata ai racconti dei compagni di viaggio del regista: racconti di colleghi e collaborati e immagini di repertorio.
- Infine, la presentazione del progetto permanete del Museo Internazionale Federico Fellini.
È il primo dei grandi eventi dedicati a Fellini: la seconda tappa della mostra sarà poi ospitata a Roma a Palazzo Venezia da Aprile e poi varcherà i confini nazionali con esposizioni a Los Angeles, Mosca e Berlino.
Tutto sulla mostra sul sito ufficiale. Un invito a riscoprire il regista che più d’ogni altro ha rinchiuso ogni aspetto del reale e del surreale in una dimensione poetica e favolistica (Aulenti).
Le sue pellicole segnate da “spaccati sul mondo” I Vitelloni (1953), La Strada (1957), da ”immagini trascendentali” Le notti di Cabiria (1957), al capolavoro onirico 8½ (1963). Film autobiografico, in cui un superbo Marcello Mastroianni vestendo i panni del regista in crisi si ritrova ad affrontare «il tortuoso, cangiante, fluido labirinto dei ricordi, dei sogni, delle sensazioni, un groviglio inestricabile di quotidianità, di memoria, di immaginazione, di sentimenti, di fatti che sono accaduti tanto tempo prima, e convivono con quelli che stanno accadendo, si confondono tra nostalgia e presentimento, in un tempo fermo e magmatico- quello in cui- non sai più chi sei, o chi eri, e dove va la tua vita, che appare soltanto un lungo dormiveglia senza senso» (Federico Fellini). 8½ è il ritratto di una visione del neorealismo autentico, promotore del cinema italiano nel mondo, omaggiato nel 2009 da Rob Marshall con Nine: film musicale dal cast stellato liberamente ispirato al film di Fellini.
Il successo di Fellini è stato consacrato senza dubbio con La dolce vita (1960): indimenticabili le celebri scene cult della fontana di Trevi e di Via Veneto con Anita Ekberg e Mastroianni. Tante sono le pellicole firmate dal regista, sceneggiatore e anche attore Fellini, nel film Roma (1972) ad esempio è stato impegnato ad interpretare sé stesso. Una ricerca artistica incessante, quella di Fellini, fatta di prove e riprove, cambi di registro e di logiche, Amarcord (1973) in cui i ricordi del regista fanno da capolino creando un film malinconico, nostalgico e al contempo ironico e scherzoso. Mentre, La voce della luna (1990) suo ultimo film è considerato il testamento del Maestro, una favola dolce e amara con i comici malinconici Villaggio – anche se il comico genovese ha obiettato specificando che “i comici non sono malinconici sono solo infantili” – e Benigni.
Nel 1993 vinse l’Oscar alla Carriera, statuetta che si aggiunge agli altri quattro per La strada, Le notti di Cabiria, 8½ e Amarcord assegnati come miglior film stranieri e ai sei David di Donatello, per poi lasciarci dopo qualche mese lasciando incompiuta la pellicola Il viaggio di G. Mastorna «il film non realizzato più famoso del mondo» come disse Vincenzo Mollica.
Un’escursione tra i labirinti dei sogni del cinema, che Fellini descrive in un’intervista di Enzo Biagi come «quella specie di magia diavolesca, quel fascio fibrillante di fumo, con grandi faccioni, in quel brusìo confuso, l’uscire poi frastornati nel vicoletto perché non si usciva dal posto in cui si entrava, la nebbia, il freddo, il buio» – e sentirsi smarriti poi – compressi in quella confusione tra reale e spettacolo, cancellando così la distanza tra spettatore e spettacolo (cfr. Deleuze).