di Cecilia Vicentini
Docente di Storia dell’Arte Moderna
Molto tempo prima che Orazio equiparasse la poesia alla pittura — ut pictura poesis — Simonide di Ceo aveva attribuito a quest’ultima il valore di poesia muta, mentre la poesia era a sua volta definita pittura eloquente. Molto tempo dopo, fu Winckelmann a prospettare il bello come esclusivo tema dell’arte confinando invece l’espressione del brutto alle parole della letteratura, dovendo essa occuparsi, con ampio spettro di orizzonte, anche del bello in moto. Fra questi due momenti ci fu Leonardo che pose la pittura sopra la poesia ascrivendo alla prima molteplici funzioni come la conoscenza in campo matematico, geologico, anatomico, naturalistico finanche la speculazione filosofica, designandola quindi vincitrice su tutte le arti. Dopo di lui gli artisti e i teorici del Seicento decretano di nuovo la vittoria del pennello sulla penna poiché se un quadro può esprimere tutta la sua bellezza fruito attraverso la vista, le parole non avranno mai il potere di renderne le medesime virtù perché sfocerebbero inevitabilmente nella noia del racconto fatto di particolari, apprezzabilissimi se visti, insopportabili se letti o ascoltati. Insomma, fra poesia e pittura si svolge un rimpallo di secoli per allontanare da sé il “brutto” finché il XVII secolo ne sdoganò le potenzialità intrinseche, riconoscendo nelle scene di dolore e degrado una forte carica empatica tanto più che la realtà di allora si presentava sempre più con le tinte fosche delle molteplici piaghe sociali fra cui una grande pestilenza che si protrasse per tutta la durata del secolo in territori diversi, da Nord a Sud, devastando l’Italia intera. Si tratta della peste manzoniana sulla quale furono scritte alcune fra le pagine più alte della nostra letteratura ma d’altra parte, contemporaneamente, si impose come un tema caro anche alla pittura: essa se ne appropriò aprendo spazi inesplorati, soggetti nuovi, modalità di espressione aggiornate. E’ la grande stagione del naturalismo seicentesco che, a partire dai piedi sporchi dei pellegrini al cospetto della Madonna dei Pellegrini di Caravaggio, ha il coraggio di mostrare la faticosa esistenza nelle pieghe della società più disperata e la dura realtà delle epidemie, alla quale tuttavia, risponde sempre l’accorato conforto di una religione onnipresente. E’ così che ad alcuni Santi viene canonicamente affidato l’onere di allontanare i flagelli e San Carlo Borromeo, San Rocco e Santa Tecla diventano i più acclamati protettori dell’umanità intera, comparendo con estrema frequenza nei dipinti controriformati atti a suscitare compassione, nell’accezione più antica del termine di “patire insieme” e di educare ad una corretta catechesi.
Tanzio da Varallo, Mattia Preti, Orazio Borgianni, Giovan Battista Crespi, sono solo alcuni dei grandi artisti che hanno trattato il soggetto della malattia nei dipinti del Seicento a volte avvicinandosi con drammatica aderenza naturalistica al reale atre volte invocando, nel gesto della pittura, una grazia che risanasse le sofferenze del genere umano. Tutto, sempre, nel tentativo di trovare scampo dal flagello, un riparo alla paura. Fino a qualche settimana fa le tele imbrunite dei pittori del XVII secolo sembravano immagini di un mondo lontano, oggi sembrano fotografie particolarmente ingiallite di un passato non troppo distante che, con la forza ciclica della storia, ripropone le stesse prove e le stesse sfide. A noi non rimane altro che curare una solida rete di affetti di cui preoccuparci a distanza, di una serie di progetti futuri da impostare, e, mentre potremmo cercare di fare scorte di bolo armeno rosso, una sostanza raccomandata per fronteggiare la peste nei trattati antichi, attenerci ligi ad un esemplare comportamento civico nelle nostre abitazioni. Il conforto dell’arte rimane d’altra parte una sempre valida medicina dell’anima alla quale, in tempi come questi, nessuno pensa di rinunciare. E’ per questo che i musei di tutto il mondo si sono prodigati per promuovere visite virtuali nelle loro stanze, consapevoli della forza risanatrice e salvifica della fruizione artistica: così come declama la pagina di avvio al tour virtuale sul sito ufficiale del Metropolitan Museum di New York, “L’arte ha il potere di collegare, di guarire e di costruire comunità” e noi le crediamo fermamente.
Di seguito, soltanto alcuni “aiuti”:
Italia | Musei con tour virtuali visitabili online
- Pinacoteca di Brera – Milano Collezione online disponibile QUI
- Galleria degli Uffizi – Firenze Mostre virtuali, disponibili QUI
- Musei Vaticani – Roma QUI
- Museo Capitolini – Roma QUI
- Mercati di Traiano – Musei dei Fori Imperiali – Roma QUI
- Museo dell’Ara Pacis – Roma QUI
- Siti archeologici dell’Aventino – Roma QUI
Mondo | Musei con tour virtuali visitabili online