Ieri Spotify ha pubblicato il report annuale Loud & Clear in cui il colosso dello streaming ha affermato che ha pagato $7 miliardi di royalty. È una cifra record per l’azienda svedese ma le critiche da parte dei musicisti non si fermano.
Come sono pagati i musicisti su Spotify?
Secondo un articolo di Business Insider, a pesare sulla “busta paga” dei musicisti sono molti fattori. Innanzitutto, i musicisti vengono pagati tra $0.0033 e $0.0054 per stream, ciò significa che per guadagnare un solo dollaro la canzone deve essere ascoltata almeno 250 volte. Gli altri fattori che incidono sui guadagni sono il luogo da cui viene ascoltato il pezzo, se la persona ha un account premium e che tipo di contratto di distribuzione ha stipulato l’artista.
Quest’ultimo fattore è estremamente importante perché Spotify non paga direttamente l’artista, bensì il detentore dei diritti del pezzo. I detentori dei diritti possono essere etichette discografiche (per esempio Sony o Universal), distributori ed editori che vengono autorizzati dall’artista a caricare la sua musica sulla piattaforma. Questi a loro volta pagano gli artisti con i soldi guadagnati (chiamati royalty) sul servizio di streaming. Di conseguenza la maggior parte degli incassi va alle etichette discografiche e agli editori, che poi prendono una parte dei ricavati a seconda del contratto dell’artista.
$7 miliardi nel 2021
Con 406 milioni di utenti attivi mensili, Spotify è la piattaforma di streaming più usata al mondo. Nel 2021 Spotify ha pagato la cifra record di $7 miliardi di royalty, ben $2 miliardi in più rispetto ai $5 miliardi del 2020.
Più di 16.500 cataloghi di artisti hanno guadagnato almeno $50.000 di royalties nel 2021, rispetto ai $13.400 del 2020. Più di 1.000 artisti hanno guadagnato per la prima volta $1 milione dallo streaming di Spotify (contro gli 870 artisti dell’anno scorso). Oltre 52.600 artisti hanno guadagnato almeno 10.000 dollari dagli stream di Spotify l’anno scorso, rispetto ai 42.500 del 2020.
Non è abbastanza
Tuttavia queste cifre continuano a non convincere i musicisti: le royalty continuano ad andare ai detentori dei diritti e non a loro. Tanti grandi nomi della musica hanno protestato contro le misere paghe. Nel 2014 Taylor Swift aveva rimosso da Spotify tutto il suo catalogo per questo motivo (anche se poi è ritornata sulla piattaforma). L’anno scorso Paul McCartney, Kate Bush, Noel Gallagher e Sting erano tra i firmatari di una lettera inviata al Primo Ministro Boris Johnson in cui richiedevano importanti riforme nell’industria dello streaming. Kanye West ha deciso di non pubblicare sulle piattaforme di streaming il suo ultimo album Donda 2 accusando queste piattaforma di aver danneggiato i musicisti.
Sul sito di Loud&Clear, l’amministratore delegato Daniel Ek difende Spotify: “Gli artisti meritano chiarezza sull’economia dello streaming musicale. L’anno scorso abbiamo lanciato questo sito per aumentare la trasparenza, condividendo nuovi dati sui pagamenti delle royalty di Spotify e scomponendo l’economia globale dello streaming, gli attori e il processo. I dati mostrano che l’industria musicale è più sana di quanto non lo fosse da molto tempo, e più artisti stanno trovando più successo che mai. Ma non abbiamo ancora finito, e continueremo a spingere per far crescere l’industria.”