Basta sentire una canzone per portarci indietro nel tempo ed annegare nella memoria. Tutti conosciamo questa sensazione. E il potere della musica a volte riesce a superare malattie serissime come l’Alzheimer o la demenza. Ma qual è il nesso tra musica e ricordi? La risposta è in un articolo del Washington Post della giornalista Marlene Cimons.
Gli effetti della musica sul cervello
La capacità straordinaria della musica di evocare ricordi è ben nota ai ricercatori ed è oggetto di studio da tempo. Secondo alcune ricerche, la musica stimola la produzione di neurotrasmettitori del cervello come la dopamina, riduce il cortisolo (l’ormone dello stress), e aumenta la secrezione di ossitocina, ormone fondamentale durante il parto e il travaglio e che ha un ruolo nel legame, nella fiducia e nell’attaccamento neonato-genitore.
Gli scienziati che studiano gli effetti della musica sul cervello sostengono che la musica possa migliorare le terapie per le malattie che attaccano la memoria come la demenza e l’Alzheimer, per l’ansia, lo stress, la depressione e difficoltà di apprendimento. La musica può essere d’aiuto anche in molte patologie fisiche come il cancro e il Parkinson.
In alcuni casi, la musica può sostituire i sedativi e antipsicotici grazie alla sua capacità di alleviare l’agitazione. “Rimango ancora a bocca aperta di fronte alla capacità della musica di cambiare in meglio i comportamenti, le emozioni e anche i rapporti tra gli operatori sanitari e i loro pazienti, anche solo per la durata di una specifica canzone. La musica fornisce un momento di normalità quando molto sembra già perduto”, ha spiegato Melissa Owen, terapista musicale alla Clinica universitaria del Commonwealth in Virginia.
I diversi tipi di memoria
Per capire gli effetti della musica sul cervello, è necessario studiare i diversi tipi di memoria. La memoria procedurale, spiegano gli scienziati, è quel tipo di memoria che ci permette di ricordarci delle abitudini, azioni e routine quotidiane senza doverci pensare: lavarsi i denti, andare in bicicletta, scrivere su una tastiera. Questo tipo di memoria è implicita, non richiede sforzi, e a lungo termine.
La memoria episodica è a lungo termine ma è esplicita, richiede quindi uno sforzo conscio, ed ha origine nell’ippocampo. È la memoria che usiamo per ricordarci di eventi passati fornendo ricordi coscienti. La usiamo, per esempio, per ricordarci la lista della spesa al supermercato.
Ed è proprio la memoria episodica combinata con la musica che ci riporta indietro nel tempo. Andrew Budson, primario di neurologia cognitiva e comportamentale, responsabile dello staff di formazione e direttore del Centro per le Neuroscienze Cognitive e Traslazionali all’Ospedale per gli Affari dei Veterani di Boston, spiega così come avviene il consolidamento di un ricordo:
Quando un nuovo ricordo si forma è come se l’ippocampo cercasse di legare insieme i fili dei palloncini, proprio come se stesse tenendo tutti i fili di diversi palloncini nella sua mano. Se l’ippocampo venisse distrutto, i palloncini si dividerebbero, volerebbero via e il ricordo sarebbe eliminato. Ma dopo che il ricordo viene consolidato, i diversi palloncini si legano l’un l’altro autonomamente tramite spesse corde e non c’è più bisogno dell’ippocampo perché il ricordo rimanga intatto. È per questo che le persone con la malattia di Alzheimer continuano ad avere ricordi della propria infanzia ma non di cosa hanno mangiato a pranzo o di chi hanno incontrato il giorno prima.
Continua Budson: “Non ascoltiamo le canzoni solo una volta. Abbiamo nel tempo diverse opportunità di registrare quel ricordo. La musica che è profondamente consolidata in noi può sbloccare dei ricordi fotografici. Riusciamo a ricordarci dettagli più vividi del passato quando sentiamo la musica”.