È stato pubblicato il XXVI Rapporto AlmaLaurea sul Profilo e sulla Condizione Occupazionale dei Laureati che ha analizzato la condizione di circa 660mila laureati provenienti da 78 atenei a distanza di uno, tre, cinque anni dalla laurea.
In sostanza, ciò che emerge dal Rapporto è che laurearsi conviene. I laureati, infatti, hanno sia più possibilità occupazionale che maggiori retribuzioni rispetto ai diplomati. Tuttavia emergono delle criticità, soprattutto riguardanti gli stipendi dei laureati che, in media, sono molto inferiori rispetto quelli all’estero.
Indice
- Il profilo dei laureati italiani
- Grado di soddisfazione e fuori corso
- Tasso di occupazione
- Tipologia di contratti e retribuzione
- Il confronto con le retribuzioni estere
Il profilo dei laureati italiani
Nel 2023 l’età alla laurea è stata pari a 25,7 anni, di cui oltre la metà è di genere femminile (il 60% nel 2023). Dato che si conferma in tutti i tipi di corsi con l’incidenza delle donne maggiore nei corsi magistrali a ciclo unico (68,6%). Le donne continuano a preferire percorsi umanistici rispetto a quelli scientifici, in particolare quelli dell’area STEM.
Per quanto riguarda l’estrazione socio-culturale, il 22,4% dei laureati ha un’origine sociale elevata, cioè i genitori sono imprenditori, liberi professionisti e dirigenti.
Il 31,3% dei laureati nel 2023 ha almeno un genitore con un titolo di studio universitario, e si evidenzia “una certa coerenza tra ambito disciplinare del titolo universitario dei genitori e dei figli”. Il 20,3% dei laureati che hanno un genitore con un titolo di studio scelgono un percorso di studi appartenente allo stesso gruppo disciplinare dei genitori. Questo dato è particolarmente evidente nel caso di percorsi di medicina e farmaceutico (42,3%) e in quello giuridico (39,9%).
Grado di soddisfazione e fuori corso
In generale, il Rapporto AlmaLaurea 2024 ha rilevato una soddisfazione diffusa per i diversi aspetti dell’esperienza di studio compiuta, a prescindere dal percorso intrapreso. Oltre il 90% dei laureati si è dichiarato soddisfatto dal corso di laurea, tasso in crescita rispetto al 2013 quando era all’86%, e solo il 2,4% non si iscriverebbe più all’università.
Si registra, invece, un lieve calo rispetto alla quota dei laureati regolari, i cosiddetti fuori corso. Nel 2023 il 61,5% si è laureato rispettando i tempi prestabiliti, ma per la prima volta dopo 12 anni la quota è scesa di un punto percentuale rispetto al 2022.
Tasso di occupazione
Il tasso di occupazione tra i laureati a distanza di un anno dal conseguimento del titolo è in leggero calo: nel 2023 è pari al 74,1% tra chi possiede un titolo di primo livello e al 75,7% tra quelli di secondo livello – rispettivamente -1,3 e -1,4 punti percentuali rispetto al 2022.
L’occupazione dei laureati di primo livello a distanza di cinque anni dal conseguimento del titolo è al 93,6%, +1,5% rispetto al 2022, il valore più alto in oltre dieci anni. Registrato invece un lieve calo (-0,5%) dell’occupazione per i laureati di secondo titolo a cinque anni di distanza, il cui tasso è pari all’88,2%.
Tipologia di contratti e retribuzione
Il calo dell’occupazione potrebbe essere dato, spiega AlmaLaurea, dalla disponibilità minore dei laureati ad accettare lavori a basso reddito o non coerenti col proprio percorso formativo. “La quota di chi accetterebbe una retribuzione al più di 1,250 è pari, rispettivamente, al 38,1% e al 32,9%”, si legge nello studio.
Per quanto riguarda la tipologia di contratti, si registra in generale un aumento sia dei contratti a tempo indeterminato (soprattutto per i laureati di primo livello), sia delle attività in proprio. I contratti a tempo determinato sono in calo sia per i laureati di primo livello che per quelli di secondo livello, mentre i contratti formativi sono sostanzialmente stabili.
In media ad un anno dal titolo la retribuzione mensile netta è pari a 1.384 euro per i laureati di primo livello e a 1.432 per quelli di secondo. A cinque anni, invece, la retribuzione passa in media rispettivamente a 1.706 e 1.768 euro.
Il confronto con le retribuzioni estere
Cifre ben diverse rispetto a quelle percepite all’estero. In media sono “sono notevolmente superiori a quelle degli occupati in Italia: a un anno dalla laurea, i laureati di secondo livello trasferitisi all’estero percepiscono 2.174 euro mensili netti (56,1% rispetto a chi è rimasto in Italia), 2.710 euro a cinque anni dalla laurea (58,7%).”
I più propensi a trasferirsi all’estero per lavoro sono i laureati in ambito scientifico, seguiti da quelli in ambito linguistico, informatico e tecnologie ICT, e a scegliere di emigrare sono per la maggior parte gli uomini.