La musica classica è un ottimo antidoto contro la depressione. Secondo una ricerca cinese, infatti, questo genere musicale migliora l’umore perché sincronizza le onde cerebrali prodotte dai neuroni dell’amigdala estesa.
Musica come terapia
Pubblicato sulla rivista Cell Reports, lo studio è stato condotto da ricercatori cinesi del Center for Functional Neurosurgery presso la Shanghai Jiao Tong University e ha coinvolto 13 pazienti con depressione resistente al trattamento.
L’obiettivo dei ricercatori è di trovare modi più efficaci per sfruttare la musica per attivare il cervello in coloro che altrimenti non rispondono ad altre cure contro la depressione.
“La nostra ricerca integra i campi della neuroscienza, della psichiatria e della neurochirurgia, fornendo una base per qualsiasi ricerca che abbia come obiettivo l’interazione tra musica ed emozioni“, afferma l’autore senior Bomin Sun, direttore e professore del Centro di neurochirurgia funzionale dell’Università Jiao Tong di Shanghai.
I pazienti coinvolti nello studio sono affetti da depressione resistente al trattamento, ai quali erano già stati impiantati degli elettrodi nel cervello per la stimolazione cerebrale profonda. Usando questi impianti, i ricercatori hanno scoperto che la musica classica è in grado di generare effetti antidepressivi sincronizzando le oscillazioni neurali tra la corteccia uditiva (che si occupa di elaborare le informazioni sensoriali) e il circuito della ricompensa, responsabile dell’elaborazione delle informazioni emotive.
Lo studio
Durante lo studio, i pazienti sono stati divisi in due gruppi in base al grado di apprezzamento della musica. Chi apprezza fortemente la musica ha dimostrato una sincronizzazione neurale maggiore e migliori effetti antidepressivi, mentre quelli del gruppo con un basso livello di gradimento musicale ha mostrato scarsi risultati.
Gli studiosi hanno selezionato diversi pezzi di musica classica perché la maggior parte dei partecipanti non la conosceva particolarmente, e si voleva evitare qualunque tipo di interferenza che potesse derivare dalla familiarità soggettiva.
“Nei prossimi approfondimenti, sarà interessante capire come l’interazione tra la musica e le strutture profonde del cervello possa influenzare i disturbi depressivi. Allo stesso tempo, contiamo di introdurre altre forme di stimoli sensoriali, come immagini visive, per valutare i potenziali effetti terapeutici combinati”, ha spiegato Sun.
“Le informazioni risultanti saranno utili a sviluppare raccomandazioni musicali e feedback emozionali personalizzati. Speriamo che la gestione delle emozioni attraverso gli stimoli sonori possa migliorare i sintomi della depressione e alcuni aspetti della vita quotidiana”, ha concluso Sun.