In Italia, l’astrofisica ha un nome e un’identità, e si chiama Margherita Hack. Questa leggendaria scienziata riuscì ad affermarsi in un ambiente, quello della ricerca, per secoli precluso alle donne. Oltre che per i meriti scientifici, Hack è altresì ricordata per la divulgazione e l’impegno politico. Si spense nel 2013 a Trieste, città che in cui scelse di vivere, benché abbia sempre rivendicato l’amore per la Toscana, sua terra natia. Nel 1940, conseguì il diploma di maturità classica (senza esami di maturità, quell’anno, a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale). Si laureò in fisica nel 1945 con una votazione di 101/110 con una tesi di astrofisica sulle Cefeidi.
Il successo nello sport
L’impegno nello studio non le sottrasse il tempo utile per coltivare passioni e hobby: In gioventù praticò con successo la pallacanestro e l’atletica leggera e fu campionessa di salto in alto e in lungo in campionati universitari. Nel 1944 sposò il letterato Aldo De Rosa, che le rimase accanto fino alla fine. Vale la pena approfondire le ragioni per le quali Margherita Hack è ricordata e celebrata: ella dedicò la sua intera esistenza alla ricerca astronomica, con particolare attenzione alle stelle variabili. Ha aiutato a comprendere meglio le Cefeidi, un tipo di stella che varia in luminosità. Anche le sue ideologie politiche e sociali, benché talvolta controverse, hanno contribuito a renderla eterna. Come compete alle figure leggendarie, anche a Margherita Hack spetta un primato: fu la prima donna italiana a dirigere l’Osservatorio Astronomico di Trieste, città in cui si spense e in cui, a lungo, insegnò astronomia.
L’amore per gli animali
Saggia, arguta e priva di sovrastrutture: è così che si perpetua Hack nell’immaginario collettivo, lei che non usava filtri e vie di mezzo per esprimere il suo pensiero, talvolta in maniera colorita. Ma a distinguerla fu anche una grande sensibilità, talvolta esplicitata con l’amore per gli animali. In proposito, disse: “Gli animali sono creature di questa terra, sono nostri fratelli e quindi non è che si devono considerare oggetti a nostra disposizione. Sono esseri viventi che hanno capacità di amare e di soffrire e quindi dobbiamo trattarli proprio come fratelli, come fratelli minori”.