Quando si parla di fisica del Novecento, il nome di Enrico Fermi occupa un posto speciale. Non solo per le sue scoperte, ma per l’abilità nel passare dalla teoria più astratta all’esperimento. Era il “Papa” della fisica, come lo chiamavano i suoi allievi, con quell’aura da maestro rispettato e un po’ temuto, ma capace di rendere semplice anche ciò che semplice non era affatto.
La vita
Fermi nasce a Roma nel 1901. Studia con una voracità impressionante, mostrando fin da ragazzo una mente fuori dal comune. Negli anni Trenta guida un gruppo di giovani ricercatori che diventeranno celebri come i ragazzi di via Panisperna. Insieme a loro, mette a punto esperimenti fondamentali sui neutroni lenti, aprendo la strada a reazioni nucleari controllabili. Nel 1938 riceve il Premio Nobel per la Fisica. Ma proprio in quell’anno l’Italia fascista approva le leggi razziali, e Fermi, la cui moglie Laura era ebrea, decide di non tornare più in patria. Con la cerimonia a Stoccolma come pretesto, parte direttamente per gli Stati Uniti: una fuga che segnerà la storia del mondo.
Chicago Pile-1: l’istante che cambiò tutto
Negli Stati Uniti, Fermi diventa una figura chiave del Progetto Manhattan. Il 2 dicembre 1942, sotto le tribune dello stadio di Chicago, guida l’esperimento che porta alla prima reazione nucleare a catena controllata della storia. Il reattore, chiamato Chicago Pile-1, era una struttura rudimentale fatta di blocchi di grafite e uranio. Eppure, da quella macchina apparentemente fragile, scaturì il fuoco dell’era atomica. Quel momento rappresentò un punto di non ritorno. Pochi anni dopo, le bombe su Hiroshima e Nagasaki avrebbero mostrato al mondo il lato oscuro di quella scoperta.
Le tante intuizioni
I posteri l’hanno ridotto a “padre della bomba atomica”, ma Fermi era molto di più. Ha dato contributi fondamentali anche alla fisica dei quanti, all’astrofisica, e persino all’informatica teorica. La statistica di Fermi-Dirac e il concetto di “fermione” portano ancora il suo nome, ricordando la vastità della sua eredità scientifica. Chi lo ha conosciuto lo descriveva come un uomo pratico, con un talento speciale nel tradurre formule astratte in esperimenti concreti. Non aveva il carisma teatrale di Einstein né la visionarietà di Oppenheimer, eppure era spesso lui quello a cui tutti si affidavano nei momenti critici.
La morte
Nel 1954, a soli 53 anni, Fermi muore a Chicago per un tumore allo stomaco. Troppo presto, ma dopo aver lasciato un segno che nessuna malattia poteva cancellare.