Il 5 dicembre 1933 è una di quelle date che tornano ogni anno senza troppo rumore, ma che meriterebbero più attenzione: è il giorno in cui gli Stati Uniti misero ufficialmente fine al proibizionismo. In quell’occasione, abrogando il 18° emendamento, si chiuse un esperimento sociale durato tredici anni. Il proibizionismo era nato con un obiettivo chiaro: ridurre alcolismo, violenza domestica, criminalità. Ma la storia ha mostrato che i divieti totali, quando non tengono conto della realtà sociale, spesso generano effetti opposti a quelli desiderati. La produzione illegale esplose, la criminalità organizzata prosperò, e molti cittadini, invece di smettere di bere, iniziarono semplicemente a farlo di nascosto.
Vietare non basta
Guardare al proibizionismo dal punto di vista storico è utile, ma ricordarlo oggi significa soprattutto capire un meccanismo più generale: vietare non basta a risolvere un problema complesso. La società americana degli anni Venti pensava che togliendo l’alcol dalla circolazione avrebbe automaticamente creato cittadini più sobri. La realtà dimostrò che i comportamenti radicati non spariscono grazie a un decreto, ma cambiano solo quando vengono affrontate le cause profonde.
La fallibilità dei divieti assoluti
Il proibizionismo è uno dei migliori esempi di ciò che accade quando un governo tenta di controllare un fenomeno culturale con una misura drastica: si spostano le pratiche nell’illegalità, si indebolisce il rapporto di fiducia con le istituzioni, si creano nuove forme di criminalità, e si perde di vista il vero problema che si voleva risolvere. Non sempre il divieto radicale è lo strumento più efficace… I problemi sociali richiedono educazione, prevenzione e politiche mirate, non scorciatoie normative.
Un approccio più realistico
Quando gli Stati Uniti abrogarono il proibizionismo, riconobbero che serviva un approccio più realistico, basato su regole più intelligenti e sulla responsabilità individuale. È per questo che, ancora oggi, il 5 dicembre resta una data utile da ricordare: perché mostra come anche i grandi esperimenti sociali possano fallire, e come da quei fallimenti possiamo imparare politiche più equilibrate e più efficaci.







