Jean-Luc Martinez, l’ex direttore e presidente del Louvre dal 2013 al 2021 e attualmente ambasciatore per la cooperazione internazionale sul patrimonio, è stato interrogato per il suo presunto coinvolgimento in un traffico di numerosi beni archeologici proveniente dal Medio Oriente. L’accusa è di riciclaggio e complicità in truffa.
Opere egizie acquisite irregolarmente
L’accusa non è solo nei confronti di Martinez e del Louvre, ma anche del Metropolitan Museum of Art di New York. Entrambi i musei avrebbero acquisito almeno una decina di opere di provenienza illegale dal valore di oltre 56 milioni di euro.
Martinez è stato interrogato qualche giorno dall’Ufficio centrale per la lotta contro il traffico di beni culturali (Ocbc) assieme a Vincent Rondot, direttore del Dipartimento egizio del Louvre, e all’egittologo Olivier Perdu.
Il principale bene archeologico conteso è una stele della XVIII dinastia egizia in granito rosa che porta il sigillo del faraone Tutankhamon. Il reperto è stato acquisito nel 2016 dalla filiale del Louvre ad Abu Dhabi insieme ad altre opere. Martinez e colleghi sono sospettati di essere stati al corrente della provenienza illecita dell’opera e di aver omesso i controlli necessari pur di non farsi scappare l’affare.
Mercanti in comune
Ad unire i due musei è il mercante ed esperto parigino Christophe Kunicki, da cui il Louvre avrebbe acquisito la stele. Kunicki, che si è dichiarato innocente, è stato accusato nel 2020 di associazione a delinquere, frode e riciclaggio e nel 2017 aveva venduto al Metropolitan un sarcofago d’oro dal valore di 3,5 milioni di euro. Nel 2019 il museo è stato costretto a restituire all’Egitto il sarcofago.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la stele e le altre opere sarebbero state trafugate durante le Primavere arabe del 2011. Successivamente sarebbero finite nelle mani di mercanti d’arte come Kunicki e poi vendute al Louvre e il Metropolitan Museum con certificati palesemente falsi. Le indagini attualmente coinvolgono Francia, Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Dubai.
Un portavoce del Metropolitan si è limitato a dichiarare che i suoi “dipendenti sono stati ingannati da questa cospirazione criminale e il museo ha collaborato pienamente durante questa indagine e continuerà a farlo”.