Il 12 settembre 1981 si spegneva Eugenio Montale, letterato che, come pochi altri, contribuì a dare lustro al nostro Paese, tanto che il suo genio gli valse la massima onorificenza, nel 1975: un premio Nobel alla Letteratura. Nato a Genova il 12 ottobre 1896, ha attraversato il Novecento come un osservatore inquieto, sempre un passo indietro rispetto al frastuono del mondo. La sua introspezione fu figlia di una fine sensibilità che mise al servizio delle sue opere, rendendole immortali. Diceva di sé: “Non domandarci la parola che squadri da ogni lato / l’animo nostro informe”.
Macerie delle illusioni
Non era un poeta che offriva certezze, ma uno che si aggirava tra le macerie delle illusioni, cercando senso nel caos. Il suo nome è indissolubilmente legato al concetto di “male di vivere”, che emerge come una corrente sotterranea nei versi di Ossi di seppia, sua opera del 1925: “Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivo strozzato che gorgoglia, era l’incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato.” Quello di Montale non è un pessimismo sterile: nelle raccolte del poeta, accanto al dolore, affiora sempre la possibilità di una rivelazione. Montale la chiama “maglia rotta nella rete”, un varco inatteso che ci permette, per un istante, di intravedere un altrove.
Speranza improvvisa
Questa attesa della speranza improvvisa contribuisce a rendere la sua poesia universale: Montale parla a chiunque abbia cercato una luce dentro la nebbia. Nell’opera di Montale, le figure femminili si configurano come presenze indispensabili, non semplici muse, ma simboli di salvezza. Nel 1975, quando riceve il Premio Nobel per la Letteratura, Montale appare quasi imbarazzato. Lui, che aveva sempre diffidato delle celebrazioni, commentò ironico: “Io non sono mai stato un poeta ufficiale, e non intendo diventarlo ora”.
Sostare nella complessità
Questa disarmante umiltà è parte della sua forza di poeta, che nel tempo non sbiadisce, congelata in capolavori senza tempo. Non offre soluzioni facili, ma invita a sostare nella complessità, a imparare a riconoscere quei piccoli varchi che la vita ci concede. Tra i versi di Montale si fa largo una verità che il poeta ha sempre ribadito, seppur tacitamente: la poesia non spiega il mondo, ma aiuta ad abitarlo meglio.