Amondawa, la tribù che vive senza tempo in Amazzonia

da | Nov 25, 2025 | Senza categoria

A breve, l’intera umanità festeggerà l’ingresso di un nuovo anno. L’ennesimo numero che scorre, l’ennesimo ciclo che comincia, mentre lo immaginiamo foriero di sviluppi di cui siamo da tanto in attesa. Insomma, la nostra intera esistenza è dominata dal tempo, una dimensione alla quale affidiamo tutto ciò che ci riguarda. Eppure, benché sembri assurdo, c’è perfino chi a quella dimensione ci ha completamente rinunciato… Gli Amondawa sono un gruppo etnolinguistico, incontrato dagli occidentali soltanto nel 1986, che vive in una dimensione dove il tempo non è un’entità separata dalla vita, o una linea su cui collocare il passato o il futuro.

Le ricerche antropologiche

Le ricerche linguistiche e antropologiche guidate da Chris Sinha e da Vera da Silva Sinha hanno confermato ciò che a prima vista può apparire incredibile: nella loro lingua non esistono parole per indicare il “tempo“, né termini come “anno”, “mese” o “settimana”. Secondo gli antropologi, questo non significa che gli Amondawa “non sanno che il tempo passa”. Sarebbe una semplificazione. Piuttosto, essi vivono in un sistema in cui la dimensione temporale è interamente basata sugli eventi. Un raccolto che arriva, una stagione che cambia, un bambino che impara a cacciare: sono le trasformazioni del mondo e della persona a definire il fluire della vita, non un numero su un calendario.

Non compiono gli anni

Per questo motivo, gli Amondawa non “compiono gli anni“. Quando un membro della comunità attraversa un passaggio importante, può cambiare il suo ruolo sociale, non la sua età. Gli studiosi che hanno lavorato sul campo hanno proposto la “Mediated Mapping Hypothesis”: l’idea che il concetto astratto di tempo non sia universale, ma dipenda da artefatti culturali come calendari, orologi, sistemi numerici. In altre parole, il nostro modo di pensare il tempo non è innato, è appreso. È una sovrastruttura della mente, non una verità biologica.

Un grande insegnamento

Ciò che colpisce davvero, guardando questa minuscola comunità, è il modo in cui il loro sistema restituisce alla vita una qualità perduta. Noi archiviamo tutto: gli anni, le fasi, i periodi, le scadenze. Gli Amondawa, invece, vivono senza la pressione di un tempo che si accumula. Il loro mondo non è scandito da ciò che passa, ma da ciò che accade. Da questa comunità sembra giungere l’invito subliminale ad apprezzare l’esistenza, senza doverle necessariamente dare una precisa collocazione temporale. Forse è proprio allora che il presente, per come lo intendiamo noi, acquisisce davvero valore.