In Italia il fenomeno dei NEET (Not in Education, Employment or Training) coinvolge all’incirca 1,7 milioni di giovani tra i 15 e 29 anni che non lavorano, non studiano e che da oltre 6 mesi non seguono un percorso formativo.
Per contrastare il fenomeno, l’Unione Europea nel periodo 2014-2020 ha messo a disposizione circa 2,7 miliardi di euro. Tuttavia, nonostante il nostro Paese abbia un tasso di NEET del 16,1% (secondo in UE solo dopo la Romania), l’Italia rischia di dover restituire circa 1 miliardo di euro per il mancato utilizzo di queste risorse.
Questo è quanto emerge dalla ricerca di ActionAid e CGIL NEET: GIOVANI IN PAUSA. Superare gli stereotipi per costruire politiche pubbliche efficaci.
I fondi non spesi del programma
“Per far fronte al forte aumento di giovani in condizione di NEET, a dicembre 2013, l’Unione europea ha promosso il primo intervento di politiche attive strutturato, Iniziativa occupazione Giovani (IOG)”, spiegano ActionAid e CGIL.
“Finanziata nell’ambito della programmazione settennale 2014-2021, IOG è il principale strumento di attuazione del programma Garanzia Giovani, che in Italia prevede una dotazione finanziaria di circa 2,7 miliardi di euro”. Di questi fondi, però, l’Italia ne avrebbe usati 1,6 miliardi, cioè il 62%.
Se le cifre venissero confermate, l’UE chiederà all’Italia di restituire il resto dei fondi non utilizzati. Un vero peccato visto che il fenomeno dei NEET costa alle casse dello Stato circa 25 miliardi l’anno, l’1,4% del PIL.
Garanzia Giovani, successo o insuccesso?
Stando all’analisi, grazie al contributo di Garanzia Giovani solo il 26% della popolazione NEET italiana è riuscita a reintrodursi con successo nel mercato del lavoro, nonostante in dieci anni (2014-2023) il programma abbia coinvolto circa l’82% dei giovani NEET.
Ad accedere al programma sono stati prevalentemente uomini (52%) residenti nel Sud Italia e nelle Isole (43,4%). Di questi, meno della metà ha portato a termine il percorso, e solo il 32% a sei mesi dalla fine del programma risulta occupata/o.
Donne e divari territoriali
Desta particolare preoccupazione la quota di giovani donne in condizioni NEET. Infatti, nonostante nell’ultimo anno la quota generale sia diminuita (-2,9%), quella delle donne è aumentata all’incirca dell’1%, arrivando a toccare il 59%. Quota che cresce soprattutto nel caso di giovani donne straniere (73%).
Ad incidere fortemente sulle donne è il lavoro di cura familiare. “Le ragazze rappresentano infatti la quota maggiore (65%) di NEET definiti inattivi, ma tra loro il 30% delle giovani dichiara di non essere alla ricerca di lavoro perché impegnata nella gestione dei carichi di cura familiari di minorenni o persone non autosufficienti e il 21% per altri motivi familiari (es. è casalinga)”, si legge nella ricerca.
Si registrano anche differenze territoriali, con le Isole e il Sud al primo posto (28,4% contro l’11,7% del Nord). In particolare, le regioni maggiormente colpite sono la Sicilia (32,2%), seguita dalla Campania (31,2%) e dalla Calabria (30,3%).
Invertire la rotta è possibile
“Il nostro Paese ha ancora la possibilità di cambiare rotta, mettendo al centro dell’agenda politica la questione giovanile e permettendo alle nuove generazioni di esercitare i propri diritti in ambito lavorativo, economico, educativo e sociale”, ha dichiarato Katia Scannavini, Vice Segretaria generale di ActionAid. “In un momento storico in cui la crisi demografica sembra mettere a dura prova il sistema di welfare italiano, è necessario garantire il giusto spazio alle nuove generazioni”.
Per la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione “I dati di questo report confermano che ad aggravarsi sono le condizioni delle giovani donne e di chi vive al Sud: devono essere loro la priorità del Paese e il primo punto dell’agenda politica. I giovani in condizioni di maggior disagio, nelle periferie e nelle aree più svantaggiate del Paese, senza lavoro o precario e con l’idea che la pensione sia un miraggio, devono sapere che il futuro si può modificare”.