L’empatia verso il prossimo può essere intesa quale virtù inestimabile o terribile condanna della vita. Se da una parte vi è chi esalta la propria capacità di immedesimazione nei dolori altrui, dall’altra non manca chi si volge con rammarico alla sensibilità di cui la natura l’ha dotato, arrivando perfino a invidiare coloro i quali affrontano l’esistenza con un po’ di sano individualismo. E in effetti pare che quest’ultimo sia l’approccio migliore, o se non altro quello che ci immunizza dalla cosiddetta “fatica da compassione”, un disturbo che colpisce chi è portato ad assimilare gli stati d’animo altrui fino a farli propri.
Le categorie a rischio
Le categorie maggiormente esposte a questa minaccia sono medici, infermieri e psicologi, ovvero coloro i quali, per professione, sono chiamati a farsi carico dei drammi del prossimo. La sindrome in questione è stata identificata la prima volta nel 1970 e causa un opprimente stato depressivo. I numeri sono tutt’altro che rassicuranti: colpisce dal 7,3 al 40% dei lavoratori in terapia intensiva e dal 25 al 70% dei professionisti della salute mentale, ma a farne le spese, seppur in percentuale minore, sono anche categorie insospettate: ufficiali di polizia, terapeuti familiari, avvocati penalisti, gente che si prende cura dei propri congiunti malati. Non solo: perfino chi fruisce senza misura di notizie veicolate da quotidiani e telegiornali.
I sintomi
Sintomi della malattia? Stanchezza mentale e fisica, abbassamento delle difese immunitarie, ansia, diminuzione della concentrazione, isolamento, calo della vitalità, depressione, irritabilità. Come afferma Adam Waytz, docente presso la Northwestern University di Chicago, che ha dedicato molto tempo all’approfondimento della questione: “l’empatia è logorante”. Un’immedesimazione smodata nel prossimo può rivelarsi depotenziante. Insomma, a detta degli esperti, la fatica da compassione è una sindrome che colpisce le persone che si occupano degli altri, soprattutto se sono portate all’empatia. Ebbene sì, seppur onorevole lo spirito d’immedesimazione andrebbe imbrigliato, onde evitare che si renda causa di un depauperamento energetico.