Chiedi a un bimbo cosa vuole fare da grande e quasi sicuramente risponderà: “l’astronauta”. Quel sogno poi sbiadirà nel tempo, ma qualcuno lo difenderà strenuamente fino a fare di sé un “uomo delle stelle”. C’è riuscito Oleg Kononenko, il cosmonauta russo che detiene il record di permanenza nello spazio: ben 878 giorni nell’arco di cinque missioni per l’agenzia spaziale russa Roscosmos. Un traguardo questo tagliato lo scorso 4 febbraio, alle 8:30 ora italiana. Anche adesso, mentre il mondo celebra i suoi primati, egli si trova al di fuori dell’atmosfera terrestre. È a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, la sua seconda casa, o quasi verrebbe da dire “prima”. Toccherà il suolo terrestre, di ritorno dal cosmo, nel settembre 2024.
Prima di lui era un altro russo a detenere il primato
Il collega al quale Kononenko ha strappato il record è Gennady Padalka, con al suo attivo un tempo di permanenza nello Spazio di 878 giorni, 11 ore, 29 minuti e 48 secondi, nel corso di cinque missioni tra il 1998 e il 2015. È proprio da lassù che Oleg ha accolto la notizia di essere il nuovo detentore del primato, e anziché lasciarsi andare alla vanagloria ha chiosato: “Volo quassù perché è ciò che mi interessa e non per stabilire un record. Sono orgoglioso comunque di tutti i miei successi, ma sono ancora più orgoglioso del fatto che il record per la durata totale della permanenza umana nello spazio sia ancora detenuto da un cosmonauta russo”.
I cosmonauti rischiano grosso
Non solo onori nella vita di questi eroi dello spazio, ma anche l’onere di effetti collaterali con i quali potrebbero essere chiamati a fare i conti… Una permanenza di circa sei mesi nello Spazio determina la perdita dell’1,5 per cento della densità minerale ossea in aree critiche. Ancor meno auspicabile, ma tutt’altro che rara, è l’insorgenza di tumori a causa dell’elevata esposizione alle radiazioni. È altresì pesante il peso a carico dell’emotività del professionista, il quale deve fronteggiare un isolamento che può rivelarsi estenuante. In proposito Kononenko ha affermato: “Personalmente durante le mie lunghe permanenze nello Spazio non mi sono mai sentito isolato. È soltanto quando torno a casa, che mi rendo conto di come per centinaia di giorni in mia assenza i bambini siano cresciuti senza papà”.
L’intera specie sarà chiamata a battere il record di Kononenko
Ma se adesso i record di Oleg fanno notizia non è detto un giorno non saremo chiamati tutti a misurarci con una permanenza sì lunga al di fuori dell’atmosfera terrestre. Magari non noi direttamente, bensì gli esponenti futuri della specie umana. Qualora la Terra dovesse divenire un luogo inospitale dovremo trovare il modo di raggiungere altre realtà nell’universo, e, viste le estensioni sconfinate, non si tratterà certo di viaggi brevi. Basti pensare che, solo per raggiungere Marte, occorrono 200 giorni.